A nche le città vivono un momento simile a quello in cui la crisalide si trasforma in farfalla e spicca il volo. E il librarsi nell'aria di quella che sarà la grande Milano ha inizio negli anni fra il 1893 e il 1897, con un impulso sociale, economico e tecnologico che forse non trova pari nella storia ambrosiana. Siamo nei primi anni Novanta dell'Ottocento: nelle piazze l'ancioatt, il venditore di acciughe sotto sale, continua a fornire le sue misere porzioni a poco prezzo, al pari del magnan che ripara pentole di rame stando accucciato lungo strette vie che olezzano di sterco di cavallo e di acqua stagna nei navigli. Ma da dieci anni il lampionaio ha smesso di accendere lampade a gas perché è arrivata l'illuminazione elettrica pubblica, l'industria meccanica fa passi da gigante e una nuova classe borghese sta crescendo e irrobustendosi. Anche il ceto operaio vede il suo riscatto con la nascita della prima camera del lavoro nel 1891, alla quale si associano gli operai della Breda in trasformazione per la costruzione di locomotive, e quelli che nel 1893 accudiscono la prima linea elettrica di tramway che percorrono il tragitto tra Milano e Monza alla velocità di
ben venti chilometri l'ora. Nello stesso anno appaiono i primi orologi elettrici e nasce la Pirelli, fabbrica di copertoni per le prime auto e per il ciclismo, incoraggiato dal costituito Touring Club Italiano nel 1894. Lo sport è alla riscossa anche con il campo «Forza e Coraggio», la Canottieri Milano del 1890, il Tennis Club Milano del 1893, la Canottieri Olona del 1894 e la «Rari Nantes» del 1895, che darà origine al «Cimento invernale»: la tonificante nuotata nelle acque del Naviglio di fine gennaio. Ma Milano cresce anche con il piano regolatore che farà luce abbattendo le catapecchie fra Duomo e Castello Sforzesco, fra Palazzo Marino e la Scala. Proprio lì esisteva il Rebecchino, l'agglomerato di case popolari raso al suolo fra il 1890 e il 1894 per fare spazio a piazza Duomo e piazza della Scala. In quei tuguri di botteghe senza luce, fra stenti e miserie di cittadini che ancora si cibavano di polenta buttata su un tavolaccio grezzo e assaporata soltanto dallo strofinare di un'acciuga mentre i ragazzini giocavano scalzi con una palla di pezza, si consumava il dramma de «El nost Milan - la povera gent» composto da Carlo Bertolazzi nel 1893 e rappresentato nel teatro dialettale milanese fino al 1979, con l' ultima regia di Strehler. Unico divertimento per i poveri era allora il «Tivoli», una sorta di luna park dove si avvicendavano donne cannone, ciarlatani ed estrazioni del lotto. La bella e poverissima Nina frequenta di tanto in tanto il «Tivoli» perché innamorata di Rico, un pajass, un clown roso dalla tisi al quale ormai rimane ben poco da vivere. Ma proprio fra i baracconi di questi spettacoli da piazza Nina cade sotto le attenzioni del Togasso, un malandrino violento e sfruttatore che la costringere a vivere con lui spillandole i pochi spiccioli che possiede. Quando Peppon, il disagiato padre di Nina che si toglie il pane di bocca per mantenere la figlia, scopre che questa viene malmenata e sfruttata dal Togasso, uccide il losco personaggio e si costituisce. Nina si dispera perché ama il padre, ma lo rimprovera di averla sempre cresciuta senza saper nulla della vita. Sentimenti, orgoglio e sofferenze di una Milano che non c'è più vengono riscoperti da Mario Pria, figlio dell'Achille Pria che fu maschera di Meneghino fra il 1947 e il 1960 ma anche intrattenitore radiofonico con «I tre busecconi» e «Cicciarem un ciccinin».
A Mario Pria si deve la volontà di veder ripubblicato «El nost Milan» per rinnovare l'interesse verso la lengua meneghina.
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