Per chi, come me, non si è mai interessato alla politica, è del tutto impossibile inquadrare correttamente il famoso - e romanzato - sequestro di Juan Manuel Fangio del 23 febbraio 1958 a Cuba. Sì, nei cinquantanni successivi, Fidel Castro è divenuto fin troppo famoso; ma, allepoca, nulla sapevo di lui o del regime Batista. E poi, al circuito di Cuba ci sono andato più tardi. Un circuito assurdo, agli occhi doggi, tra i vialetti di un parco e tra montagne di balle di paglia, come «guard-rail» dei poveri. Solo nel tornantino da fermo queste protezioni potevano reggere, con macchine Sport anche di quattro litri e mezzo. Anzi, il mio ricordo più vivo è proprio in quel punto: con il bracciale assegnatomi, potevo starmene seduto su quelle balle di paglia, a fine frenata, ed osservare come Stirling Moss, con la celebre Maserati «bird-cage», imitava il suo grande maestro. Le ruote, viste così da vicino, sembravano girare come in un film al rallentatore. La gara non interessava e la sola attrattiva tecnica stava in quella frenata, che andava ben studiata. Era come se Stirling fosse il preconizzatore dellAbs.
Con queste premesse, si capisce che il succitato evento era fuori portata. Eppure, nellambiente se nera parlato a lungo. Non già con toni drammatici, ma come una buffonata o una carnevalata. Tutti si divertivano ai frammentari racconti dei presenti, dal mitico Bertocchi, capo-meccanico della Maserati, a Sivocci, fedele assistente di Manuel, al compassato maestro Ugolini, grandissimo direttore sportivo. Non dico i commenti dellallora giovane e scanzonato Alessandro De Tomaso o di Gerini, il pilota i cui racconti erano definiti da Castellotti come semplici «gerinate». Soltanto il «Giamba», il favoloso Marcello Giambertone, grande personaggio di quegli anni, «manager» di Fangio, organizzatore nato e anima della Scuderia Madunina, aveva preso tutto sul serio e si dilungava in racconti terroristici, con la descrizione di truci uomini - ma anche di belle partigiane - del Movimento «26 di luglio». Per me, la sola nota positiva è che, nel rovistare tra le carte di allora, alla ricerca di una precisa documentazione di Giambertone, invitato alla televisione locale per fare strani proclami, ho ritrovato un libro di Fangio. Non ricordavo che contenesse una dedica, terminata con: «... afetuosamente, Juan Manuel», con una sola effe, per una autenticità commovente. Lui, quasi burbero, con me, giovanissimo, sembrava incapace di sciogliersi così. Ora, questo è il mio cimelio più bello.
E Cuba? Una gran bolla di sapone, «Giamba» permettendo. Il sequestro, come mi raccontò lo stesso Fangio, avvenne in un albergo di lusso, con trasferimento - su unauto di lusso - in un altro elegante hotel, dove una giovane e scollacciata partigiana (ironia della sorte: si chiamava Mercedes!) teneva la musica a tutto volume e invitava il campione del mondo a ballare un «cha-cha-cha». Per concludere tutto, allindomani sera, a gara finita, con il rilascio allAmbasciata argentina. Un pilota, di cui non rivelo il nome, sosteneva che Manuel (doveva ritirarsi proprio quellanno) si era inventato tutto per evitare una brutta esperienza. Bastava lesclusione da quella corsa, la sua macchina inutilmente affidata a Trintignant. Invece, fino al fatidico Gp di Reims, dove proprio la macchina non era alla sua altezza, lho sempre visto ricco di volontà e di capacità, con i suoi quarantasette anni, tanto da vincere perfino una gara marginale a Buenos Aires. Fangio era un uomo di poche parole, su Cuba evitava sempre di esprimersi, se non per sottolineare la cortesia dei suoi rapitori.
Ma intorno a lui, in quel frangente, cera un clima quasi goliardico. Proprio il caro, vecchio «Giamba» raccontava di essere stato arrestato il giorno prima dagli uomini del generale Fernandez Mirando e accusato di essere una spia di Fidel Castro. Trasportato al quartier generale, su una vicina isoletta, nel salone gremito di un bel palazzo, per il benvenuto a Fangio, è stato accolto da fragorose risate.
Purché non si intacchi la memoria del più grande campione della prima era della Formula 1.
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