Quando Genova rischiò di perdere la Lanterna

Quando Genova rischiò di perdere la Lanterna

Cinquecento anni fa la Lanterna rischiò di scomparire.
Recenti lavori di restauro hanno restituito ai genovesi la Lanterna, con la possibilità di una bella passeggiata attorno allo sperone di roccia dal quale essa domina il Porto e la città, ma forse non tutti sanno che esattamente cinquecento anni fa la Lanterna rischiò di scomparire per far posto ad una nuova fortificazione voluta da Luigi XII di Francia.
La primavera di 500 anni fa fu per Genova un momento di grandi travagli; la città era dilaniata dalle lotte intestine dei decenni precedenti e già si stava inoltre delineando la possibilità di un intervento armato francese dopo che Luigi XII aveva dichiarato Genova città ribelle. Gli elementi più radicali della Repubblica, riunitisi in Santa Maria di Castello si proponevano di «fare buona guerra al re». Il 10 aprile 1507 il tintore Paolo da Novi veniva eletto Doge per acclamazione: vi furono manifestazioni di esultanza tra il popolo alle quali seguirono sollevazioni contro i francesi che presidiavano il Castelletto.
Paolo da Novi promulgò subito un'amnistia in favore dei condannati politici, invocando con solenni processioni la protezione divina sulla città. Ma i nobili vedevano fiduciosi l'avvicinamento delle forze francesi ed il 29 aprile Luigi XII entrava in Genova dalla porta di San Tommaso, col simbolico gesto di batterla con la spada in segno di conquista e pronunciando la frase «Superba Genova te ho vinto con l'arme in mano». Egli fece subito annullare i patti che nel 1499 Genova aveva sottoscritto assoggettandosi al suo dominio e nominò Rodolfo Delannoy Governatore della città. Paolo da Novi scelse l'esilio negli Stati del Papa a Bologna, ma la curiosità di conoscere gli eventi di Genova lo spinse sino a Pisa dove, tradito da tale Corsetto di Camogli, fu consegnato ai Francesi e tradotto a Genova in catene. Le cronache dell'epoca ci hanno anche tramandato crude descrizioni della sua esecuzione avvenuta nella piazza antistante Palazzo Ducale: dopo la decapitazione il corpo fu fatto in cinque pezzi dal boia; per molti giorni la testa fu esposta in una gabbia a Palazzo Ducale, mentre gli altri pezzi furono anch'essi esposti sulle principali Porte della città.
Luigi XII frattanto, aveva lasciato Genova il 14 maggio, imponendole una pesante indennità: la costruzione di un castello di difesa a Capo di Faro, che fu detto «Briglia» perché avrebbe dovuto tenere a freno i riottosi genovesi (a leur tenir la bride raide). Le cronache narrano che il progetto prevedeva addirittura la demolizione della Lanterna: fu solo grazie ad una cospicua regalia (pare di 200 scudi d'oro) che i genovesi fecero all'ingegner Beusseraihle, maestro d'artiglieria direttore dei lavori, che tale distruzione fu evitata incorporando la Lanterna nel complesso difensivo. I francesi chiamarono questa fortezza la «Mauvoisine» la cattiva vicina di Capo di Faro. Tuttavia essa non servì molto a loro, quando i genovesi, dopo sei anni di occupazione francese, ripresero le armi: nel 1513 i Francesi asserragliati nella Briglia speravano di resistere, come due secoli prima avevano resistito proprio a Capo di Faro i Guelfi genovesi assediati dai Ghibellini, e come loro utilizzarono una rudimentale teleferica che dall'albero di una nave riforniva la fortezza. Ma fu una resistenza breve e la «Briglia» capitolò, ponendo fine ad un lungo periodo di dominio francese. Leggendario, in questa capitolazione, fu l'operato di Emanuele Cavallo, semplice nocchiero che si mise al servizio del Doge per annientare i Francesi.


Non sarà comunque, questo, l'ultimo periodo di occupazione straniera, purtroppo, perché altri momenti simili conoscerà Genova anche in tempi più recenti, ma la «Briglia» non sarebbe più servita perché pochi anni dopo il doge Ottaviano Fregoso l'avrebbe fatta demolire.

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