Quando i versi sono crudeli e appassionati come l’amore

L a poesia, anche nell’inferno storico e ideologico del secolo scorso, ha sempre parlato d’amore. Ed è attraverso il tema dell’amore che si è compiuto il miracolo: poeti che si erano compromessi con lodi di Stalin e del comunismo nel suo volto più truce sono stati grandissimi quando hanno affrontato questo sentimento capitale nella storia di ogni essere umano. Penso ad Aragon, a Eluard, a Nazim Hikmet, allo stesso Neruda. Ma a causa forse di una qualche autocensura, in Italia oggi il tema dell’amore-passione o il tema dell’amore inteso come sesso ed erotismo è poco frequentato. Ci sono eccezioni, Patrizia Valduga, Valentino Zeichen, Tomaso Kemeny, diversissimi tra loro ma autori di versi ispirati all’eros. E da ora , con questo suo Affari di cuore (Einaudi, pagg. 131, euro 12), Paolo Ruffilli.
Sorprendendo i lettori, Ruffilli affronta l’eros da un punto di vista violento ma non cupo, duro ma insieme cantabile, crudele e arioso a un tempo. Il verso è quello breve, alla Pindemonte, non raro nella tradizione veneta. Un verso che racconta cantando, attraverso ariette come in un’opera tragicomica, e mettendo in scena tutti i fantasmi mentali e carnali di una esperienza amorosa. Ci sono echi di Ovidio, il gran maestro di chiunque concepisce l’amore come un campo di battaglia. Per Ruffilli «Il letto per l’amore / è un campo di battaglia / del mistero». Ogni amante è un soldato, ogni storia di cuore è anche una lotta senza quartiere. Il letto ispira belle immagini, come quella dei segni lasciati dall’amante sulle lenzuola, specie di profana ma non blasfema sindone. C’è il coraggio di parlare di follia, di violenza, di parossismo del desiderio: tutto l’armamentario dell’eros. Non c’è mai invece l’affondo nel linguaggio concreto, gergale, alla Giorgio Baffo, il grande poeta «pornografico» della Venezia settecentesca. Ci sono spesso rime inattese, in sé molto belle: come quella tra «divina» e «carneficina», tra «schiena» e «iena». Una sostanza musicale molto ben congegnata, melodica, anch’essa rara in una poesia atonale come è diventata mediamente quella italiana oggi. Gli effetti dell’eros, carnali e tormentosi, sono resi molto bene, in un continuo sprofondare di corpi nei corpi, di bocche nelle bocche, con qualche tocco di feticismo verosimile per chi conosce la follia d’amore.
Ma nel libro c’è anche una storia che direi più psicologica, l’eterna storia del tradimento, dell’amore proibito, delle attese frustrate, dei mariti ingombranti, e che è più convenzionale.

Con un ritratto agrodolce di donna in carriera, seducente ed egoista, che però rimane in secondo piano rispetto alla descrizione del fuoco di contraddizioni e di estasi che consuma l’autore, preso da un eros cannibalico e furioso, antico e contemporaneo.

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