É uno dei personaggi più detestati dalla stampa spagnola e dai tifosi, specialmente madridisti. Assurdo ma Josè Mourinho è questo, nonostante i trofei vinti, i riconoscimenti personali, gli attestati dei giocatori, le bacheche dei club al limite dell'esplosione dopo il suo arrivo. Ma l'uomo divide e dividerà sempre perché come smette una maglia infila l'altra e va dritto per la nuova strada. A Madrid ricordano ancora quando tredici anni fa, secondo di Bobby Robson a Barcellona, giurò eterno amore ai blaugrana: «Sempre il Barça nel cuore, oggi e domani».
A Madrid hanno la memoria lunga, a Barcellona non va meglio dopo le sue dichiarazioni alla vigilia delle sfide Champions prima con il Chelsea e poi con l'Inter.
Il tassista di Madrid, disperato per la crisi economica che attanaglia il Paese, appena ci ha caricato sull'auto e ha capito che trasportava italiani ha subito alzato la voce: «Non mi piace il vostro calcio, non mi piace come vince Mourinho. Qui non lo vogliamo, restiamo con Pellegrini».
All'invito ad aprire gli occhi, il tassista ha reagito prontissimo: «Il suo non è calcio, speriamo che non venga. Se succede gli renderemo la vita complicata».
E neppure mezz'ora dopo, alla presentazione del museo della reale nazionale spagnola di calcio, presenti Hierro, Torres, Raul, Casillas, Zubizarreta, Fabregas, fra i primi a presentarsi al raduno fissato per la medesima data, c'è stata occasione per parlare anche con il selezionatore dei rojos Vicente Del Bosque: «Josè qui? Forse non ha ancora capito che sta per entrare in un nido di serpi». Qualcuno ricorda i baffi di delo Bosque? Bene, ridava il vecchio regista del Real, e ridava di gusto.
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