Quei «ministri» di Bruxelles da ventiduemila euro al mese

Il più diffuso giornale tedesco pubblica gli stipendi d’oro dei 27 commissari di Bruxelles

da Berlino

Tra le tante questioni che Angela Merkel dovrà affrontare durante il semestre di presidenza tedesca dell’Unione europea la più delicata e insidiosa è quella di correggere l’immagine costosa e spendacciona dei signori di Bruxelles, come vengono chiamati i commissari e i funzionari che compongono la sterminata burocrazia comunitaria. Una questione che sta particolarmente a cuore ai tedeschi i quali pagano di tasca propria circa un terzo dei costi del bilancio europeo e quindi mal sopportano di vedere che il loro denaro viene impiegato per concedere stipendi e privilegi considerati da capogiro anche nei Paesi ricchi dell’Unione.
Per meglio sottolineare i trattamenti dorati di cui gode l’euroburocrazia e l’urgenza di porre un freno alla autogenerosità di Bruxelles, il più diffuso giornale tedesco, il Bild Zeitung, sempre pronto nel cogliere gli umori popolari, si è divertito a pubblicare una foto in cui i ministri di Berlino appaiono fianco a fianco con i loro colleghi europei indicando i rispettivi stipendi. Il caso che salta subito all’occhio, ma non il più clamoroso, è quello del diverso trattamento tra i due numeri uno, Angela Merkel e José Manuel Barroso. La Merkel, pur essendo capo di governo della prima potenza economica d’Europa e in questo momento capo del Consiglio europeo, la massima carica dell’Unione, ha uno stipendio mensile complessivo di poco superiore ai 19mila euro mentre Barroso, capo della Commissione esecutiva, riceve oltre il 40% di più, oltre 28mila euro, sebbene la sua carica sia un gradino inferiore nella gerarchia comunitaria.
Un divario che si ripete e si accentua quando si passa dai numeri uno ai numeri due (poco più di 16mila euro il vicecancelliere Müntefering, quasi 25mila ciascuno dei quattro vicepresidenti della Commissione) e ai vari componenti dei due organi esecutivi. Al centro della foto appare sorridente e giustamente soddisfatta l’austriaca Benita Ferrero-Waldner: è responsabile dei rapporti con i Paesi extracomunitari, praticamente il ministro degli Esteri dell’Unione sebbene l’Unione non abbia una sua politica estera. Come tutti i commissari europei ha uno stipendio di 22.452 euro, quasi il doppio di Franz Walter Steinmeier che guida la politica estera della Germania. Notevole anche la differenza tra il cipriota Marcos Kyprianou, commissario alla Sanità, e la sua collega di Berlino Ulla Schmidt che guadagna oltre seimila euro in meno.
Con malizia il giornale segnala che nella foto non c’è il capo di Stato tedesco Horst Koehler. Meglio così, perché non ci farebbe una bella figura: ha uno stipendio di 18mila euro, meno del trattamento complessivo di un direttore generale a Bruxelles.
I più avvantaggiati dalla generosità di Bruxelles sono i nuovi arrivati. Dal primo gennaio, con l’allargamento a 27, ci sono due nuovi commissari, il romeno Leonard Orban e la bulgara Meglena Kuneva. Il primo si occuperà delle questioni legate alla molteplicità delle lingue dell’Unione, la seconda sorveglierà sulla genuinità dei prodotti alimentari. Per loro l’assegno di 22.452 euro previsto per i commissari è una vera vincita al lotto se si pensa che in Bulgaria lo stipendio medio è di 164 euro e in Romania di 433. L’ingresso in Europa per i due nuovi commissari è come aver messo piede nella terra di Bengodi.
Visto il buon trattamento che la Commissione riserva a se stessa, difficile non essere altrettanto magnanimi con i 35mila dipendenti che formano la burocrazia comunitaria. E infatti con gli aumenti strappati prima della presidenza tedesca la remunerazione complessiva di un direttore generale (ce ne sono sessanta) può arrivare a 21.500 euro. Particolarmente generosi gli assegni per i figli, oltre 300 euro, il doppio che in Germania. Per non parlare delle tante agevolazioni tra cui l’esenzione fiscale su alcune voci concessa ai funzionari stranieri, la stragrande maggioranza.
Per contenere le spese Günther Verheugen, il commissario tedesco che gestì l’allargamento ed ora è responsabile per la politica industriale, propose di ridurre il numero dei commissari e di creare per i piccoli Paesi l’incarico, meno costoso, di sottosegretario. Ma non se ne fece nulla perché i piccoli Paesi, che sono tanti, si coalizzarono e si rivelarono fortissimi nella difesa dei loro interessi. Inoltre l’influenza di Verheugen subì un duro colpo dopo che i paparazzi lo sorpresero sulle spiagge del Baltico con la sua segreteria: niente di male se non fosse per il fatto che la segretaria era stata promossa a dirigente proprio su pressioni di Verheugen.
Secondo Hans Herbert von Arnim, docente di Diritto amministrativo, autore di un rapporto sugli apparati burocratici dell’Unione, gli eurocrati sono una casta privilegiata che attinge alle casse comunitarie con lo spirito del self service e senza l’obbligo di dover pagare il conto che spetta agli Stati.

Riuscirà la Merkel a cambiare questa immagine? Per la Cancelliera è una sfida importante per recuperare popolarità sul piano interno (le battaglie in difesa del denaro pubblico sono elettoralmente molto redditizie) ma anche per rilanciare le iniziative per la ratifica della Costituzione europea, spesso ostacolate proprio dall’immagine costosa e spendacciona dei signori di Bruxelles.

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