Quei pezzi di ricambio per restare "giovani"

Dai laboratori dell’Università di Leeds i primi "pezzi di ricambio" che promettono di arrestare l’orologio biologico di mezzo secolo. Tessuti, organi e cellule potranno essere autoprodotti "abolendo" la vecchiaia

Quei pezzi di ricambio 
per restare "giovani"

Centenari con l’aspetto di «splendidi cinquantenni»?
La fantasia già galoppa verso nonne effetto Sharon Stone e nonni modello George Clooney. Ma forse è meglio frenare. Se è vero com’è vero che già dai 30 anni in poi, dopo l’immancabile partita di calcetto, lui comincia ad accusare «fastidiosi dolorini». «Non hai più l’età per giocare a pallone, rassegnati!», urla dalla cucina la moglie che però non sta meglio di voi, visto l’effetto devastante sortito sull’osso sacro di lei a seguito dell’ultima lezione di acqua-gym. Al momento la condizione fisico-atletica dell’italiano/a è questa.

Ma il libro della scienza che verrà è un po’ come la Smorfia, dove ognuno può interpretare i sogni a proprio uso e consumo. Scopriamo così che «gli uomini del futuro (un futuro prossimo, forse già i nostri figli) arriveranno senza difficoltà a superare i cento anni, e soprattutto avranno un corpo di splendidi cinquantenni».

Dichiarazione impegnativa, non c’è che dire. Anzi, di cose da dire ce ne sono parecchie. La più importante fra tutte è la seguente: gli studi sulla cosiddetta «eterna giovinezza» ci hanno stufato. Un po’ perché, - più che su basi rigorosamente scientifiche - queste ricerche sembrano ispirate a suggestioni romantico-letterarie da ritratto di Dorian Gray, furbamente innaffiate con gocce di elisir di lunga vita. Del resto, la longevità è fra i temi che più «tirano» sul mercato delle sperimentazioni, un ambiente dove per accaparrarsi i finanziamenti si è disposti a spararle grosse. Forse si spiegano così le granitiche certezze che provengono dall’Università di Leeds dove sono (sarebbero?) pronti a sfornare «pezzi di ricambio» in grado di «rimanere sempre giovani» e quindi capaci di «regalarci, anche da centenari, un corpo perennemente da cinquantenne».
«Tutto grazie a nuovi tessuti e protesi antirigetto - spiega il professor Eileen Ingham -. Dopo il traguardo dell’allungamento della vita media fino al secolo, ora l’obiettivo è quello di arrivare in piena forma alla vecchiaia».

Su questo obiettivo l’Università di Leeds ha intenzione di investire 50 milioni di sterline in cinque anni; il nome del progetto la dice lunga: «50 anni attivi dopo i 50». Il piano è semplice: fornire i pensionati, in un prossimo futuro, di tessuti propri, coltivati in vitro e ancora «giovani» per sostituire quelli usurati, e «ricambi» di fianchi, ginocchia, valvole cardiache e altro ancora.

L’istituto universitario di ingegneria medica e biologica di Leeds ha già fatto un trapianto di anca che dovrebbe durare per tutta la vita, anziché i 20 anni al massimo delle attuali anche artificiali. La combinazione di una lega di metallo cromato al cobalto con una sfera di ceramica dovrebbe facilmente sopportare, sono convinti gli scienziati, gli oltre cento milioni di passi che la gamba compie dai 50 ai 100 anni.

Intanto, il professor Eileen Ingham e il suo team hanno sviluppato un modo unico per permettere al corpo di migliorare se stesso. Il concetto è quello di creare tessuti trapiantabili, e in futuro anche organi, che il corpo può far propri, per aggirare il problema del rigetto.

Finora le nuove tecniche hanno prodotto tecniche cardiache perfettamente funzionanti. Si tratta di prendere una valvola cardiaca da donatori sani - da un essere umano o un animale adatto, come un maiale - e delicatamente estrarne le cellule con un cocktail di enzimi e detergenti. Ne rimane una sorta di «impalcatura» inerte trapiantabile nel paziente senza rischio di rigetto. È il corpo del trapiantato a «ripopolare» la struttura di cellule. Il metodo ora viene studiato in Gran Bretagna anche per la pelle, nel campo dei trapianti a pazienti con gravi ustioni.

La professoressa Christina Doyle di Xeno Medical, la compagnia produttrice di dispositivi medici che sta sviluppando queste nuove tecnologie, ha sintetizzato l’importanza dei tecnico-scientifici: «Il Santo Graal era quello di rimuovere la pesante dipendenza da organi di donatori.

Tuttavia per raggiungere il traguardo della sostituzione di tutti i tessuti ci vorranno dai 30 ai 50 anni. Ogni singolo prodotto dovrà essere progettato e testato singolarmente».
Nell’attesa non ci resta che tornare a galoppare con la fantasia: lei sentendosi nonna Sharon, lui immaginandosi nonno George.

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