Quel brodino liofilizzato era un incubo

Il ricordo di Indro Montanelli di Maurizio Acerbi, allora segretario

Il momento più temuto, in segreteria, arrivava, ogni giorno, intorno alle 16, quando il numero 8 (era il segnale convenuto), implacabile, segnalava che Montanelli aveva bisogno di uno di noi. Sapevamo già per cosa: il direttore voleva che gli preparassimo il suo brodino. Ora, il brodino era il frutto di acqua fatta bollire su un pentolino (di quelli da campeggio) mescolata con un prodotto in polvere proveniente dalla Svizzera.

Un brodo liofilizzato che, per molti, era diventato un incubo. Perché poteva capitare, come al mio collega Vito, che Montanelli ti rispedisse indietro, con la tazza del brodo in mano, anche per ben 7 volte: troppo caldo, troppo freddo, troppo chiaro, troppo scuro, sa di poco, è troppo forte. A volte, per fortuna, ci chiedeva il caffè che doveva rigorosamente arrivare dal bar perché se provavamo (ogni tanto si tentava) a preparargli quello con le capsule ce lo rispediva indietro.

La domenica, poi, era il momento di Tutto il calcio minuto per minuto. Il direttore seguiva le sorti della sua Fiorentina, sprofondato nella poltrona del suo ufficio. Niente televisione, ma una radio che doveva essere portata, in orario, già accesa sul canale giusto. Questo creava qualche imbarazzo alle nostre colleghe poco avvezze al pallone: decidemmo di segnare, con un bianchetto, il punto esatto nel quale la manopola della ricerca dei canali doveva fermarsi.

Con i nomi di noi maschietti, il nostro direttore aveva dei problemi. Per lui esistevano, com'era giusto che fosse, Iside, l'allora segretaria di redazione, e Paola, infaticabile motore dell'ufficio. Noi venivamo spesso ribattezzati con nomi diversi, tra i quali il più gettonato era «Luciano» che, detto per inciso, non abbiamo mai capito da dove provenisse: nessuno di noi si chiamava così.

Montanelli era sì di poche parole, ma aveva un cuore grande.

Ogni Natale, ad esempio, gli arrivavano decine di pacchi regalo; non l'ho mai visto portarsene a casa uno. Diceva a Iside di dividerli tra i fattorini, gli autisti, la segreteria. Anche in questo si può essere unici.

Maurizio Acerbi
allora segretario

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