Quel trionfalismo puerile del Professore

Turi Vasile

Non vorrei apparire frivolo ma ascoltando martedì sera Berlusconi e Prodi in un faccia a faccia con modi e tempi imbalsamati, mi sono sorpreso a canticchiare mentalmente il motivo di Carosone le cui parole dicono Tu vuo’ fa’ ll’americano... Subito gli si è aggiunto nella memoria Alberto Sordi col suo Wha’tz Ammerika!. Mi sono reso conto che stavo assistendo a una parodia, a uno spettacolo di imitazione piuttosto provincialotto. Era chiaro che si voleva adattare un vestito di foggia e misura straniere a un corpo di proporzioni nostrane, con forzature a scapito di chi quel gioco aveva imposto e di chi lo aveva accettato con liberalità peraltro non apprezzata, sia pure obtorto collo. Non poteva sfuggirmi inoltre il particolare che a volere fortemente il «metodo americano» sono stati gli antiamericani nemici della Coca-Cola e di McDonald’s posseduti da un complesso di inferiorità nei confronti di usi e costumi che a parole fustigano e dai quali sono invece irresistibilmente attratti.
Mi sembra questo loro atteggiamento l’illusione di noi vecchi cineasti che da un lato ci battevamo contro la schiacciante concorrenza di Hollywood e dall’altra pretendevamo di imitarli con il western-spaghetti con i quali e con altri film ibridi pensavamo di approdare nel pianeta nordamericano, dove ai tempi del muto avevamo detenuto il primato. Ottennemmo solo qualche successo in America Latina e in Estremo Oriente, mentre subimmo il divieto di entrare nei grandi circuiti statunitensi. Dovevamo invece registrare il successo di stima del neorealismo e anche quello di pubblico dei film tipicamente italiani, come Divorzio all’italiana, Sedotta e abbandonata, Pane e cioccolata e parecchi altri fino a Nuovo Cinema Paradiso nella versione di Cristaldi. La lezione è che bisogna prima di tutto essere noi stessi per venire apprezzati, per essere persuasivi come ci ha fatto mamma, preferendo mogli e buoi dei paesi tuoi, restando cioè fedeli alla cultura gnomica che ci siamo lasciata alle spalle. I rigidi schemi pretesi e ottenuti da un personaggio capriccioso come Prodi che sa di non poter camminare senza dande o bretelle, non si addicono alla nostra vivacità estemporanea, alla nostra fantasia creativa con cui chi vale veramente, veramente vince. Chi con il suo trionfalismo infantile presume di essersi già impadronito di Palazzo Chigi alla testa di un’armata a cavallo che non c’è, non si rende conto di essere ridicolo; così come chi batte e ribatte puntigliosamente su dati, cifre, leggi, riforme del buon governo della passata ininterrotta legislatura rischia di confondere la concentrazione del telespettatore. Ciononostante il diretto ben assestato della imposta-rapina detta Irap, angelicamente ignorata da Prodi che essa è stata proprio ora bocciata dalla Commissione di giustizia europea, è stato ben più efficace anche se non sfruttato al massimo.
La parte almeno per me più emozionante del confronto è stata l’ultima battuta di Berlusconi.

Egli ha detto che siamo in realtà allo scontro epocale di due mondi, ben al di sopra di ogni personalismo: il mondo del sì, rivolto pionieristicamente al futuro e il mondo del no, che si è fin qui nutrito di disfattismo e che si batte con affanno per tornare al passato del compromesso ormai preistorico.
In ogni modo: chi ha vinto? I prodiani dicono Prodi, i berlusconiani dicono Berlusconi. Nel mio piccolo credo che abbia vinto la noia e che abbia perso l’Italia, la sua anima.

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