Quella rissa in sala parto è un vero sacrilegio

Quasi tutti i nostri medici si dedicano alla professione con scienza e spirito di sacrificio e spesso trascurano, per compiere la loro missione, interessi e comodità personali.
Conservano, tuttavia, tutti i diritti di cui godono gli altri cittadini, compreso quello di litigare, cui tanti italiani non rinunciano. Per questa funzione, non prevista dalle Asl, hanno moltissimi spazi a disposizione: i parcheggi, i centri commerciali, i bar, la tv, magari le case dei referenti politici eccetera eccetera.Esistono, però, degli spazi in cui nessuno, nemmeno i signori col camice bianco, possono abbandonarsi ad alterchi e scazzottature: sono i luoghi in cui regnano la sofferenza, la speranza, la sacralità della vita. Pensiamo alle corsie di degenza, ovunque (...)
(...) ci siano malati, pensiamo alle sale operatorie, alle sale parto, là dove le nuove vite approdano ad un mondo imperfetto.
In questi luoghi la massima attenzione va dedicata ai sofferenti e a chi è in pericolo, non c’è spazio per le vanità e i puntigli di certi medici.
Quel che è accaduto al Policlinico di Messina fino a ieri non era immaginabile, ma ogni giorno porta una pena. Secondo il marito di una donna che doveva partorire, due ginecologi si sono messi a litigare duramente mentre la donna soffriva. E sarebbe stata l’intensità dell’alterco a distrarre i due sanitari dalle complicazioni che erano sopraggiunte. L’esito è stato spaventoso, la madre è in fin di vita, il bimbo ha riportato danni cerebrali dopo due arresti cardiaci. L’inchiesta della magistratura fra qualche anno non renderà giustizia a nessuno.
Resta l’irresponsabilità di due medici che non hanno rispettato né la loro funzione, né scienza e coscienza, hanno trasferito l’alterco da mercato in un luogo in cui sempre vita e morte si contendono le prede, un luogo che esigerebbe rispetto.
La malasanità ci ha schiuso scenari tristissimi, ma mai si era pensato che si potesse giungere a tale inqualificabile anestesia morale.


Mentre magistratura e burocrazia si muovono con passo lento e pesante, Ippocrate, nel regno dei morti piange e rilegge il suo giuramento. Noi che restiamo nel mondo dei vivi non abbiamo nulla oggi che ci aiuti a sperare.

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