Quella sinistra col portafoglio oltreconfine

Briatore almeno lo yacht te lo sbatte in faccia. Certa gente invece fa la morale in piazza, sta sempre lì a fare sermoni sull’odore, e la puzza, dei soldi, e poi li nasconde sotto il tappeto, non sia mai che il fisco venga a sapere che dietro il moralista di sinistra si nasconda un miliardario. La sorpresa è che il predicatore scalzo ha il cuore mancino e il portafoglio sotterrato a destra. Il sospetto c’è sempre stato, ora che San Marino ha lasciato che la finanza italiana mettesse il naso sotto il segreto bancario c’è anche la conferma. Nella lista dei furbi ci sono insospettabili, personaggi che dell’ideologia pauperista hanno fatto una bandiera, signori con l’indice puntato verso la razza dei commercianti e degli imprenditori, dei piccoli self made man e degli artigiani, quelli a cui di solito l’aristocrazia post comunista regala disprezzo e commiserazione. In questi casi ti viene in mente la storia dei sepolcri imbiancati, i sacerdoti del tempio sempre pronti a stracciarsi le vesti.
Non è passato un secolo da quando mister Zucchero Fornaciari, costretto a suonare in Sardegna a colpi di banconote, sputò bello ubriaco rabbia e livore contro quelli che lo stavano ad ascoltare, colpevoli di essere ricconi rozzi e ignoranti e inetti a comprendere la poesia del blues. Lì insultò, prese il cappello e se ne andò via. Uno tosto come lui non può regalare musica alla feccia borghese e capitalista. Ma capita ora che spulciando sotto il tappeto delle banche della piccola repubblica appenninica spunta fuori il nome miliardario di Fornaciari. Caspita. Il bluesman tutto chitarra e povertà è un distinto capitalista in giacca e cravatta, con il suo bel conticino segreto. Il blues alla luce del sole, gli affari all’ombra dei banchieri. Questo sì che è un bel compromesso.
Non è solo Zucchero. Il moralismo bigotto, accompagnato da un certo senso di schifo verso l’altro, verso chi non frequenta la compagnie giuste, verso chi è ricco ma ha il dna culturale giusto, è probabilmente il motivo principale di tante sconfitte elettorali. È qualcosa che la gente sente, annusa, e non perdona. Come se dietro le parole ci fosse sempre qualche conto nascosto, una presunzione segreta, uno stringere la mano al popolo per andare subito poi a lavarsela. La condanna di una élite politica e sociale che non riesce a nascondere mai fino in fondo la propria maschera e puntualmente si rivela prima o poi per quello che è: eticamente ipocrita. La sinistra con i soldi ha sempre avuto un rapporto schizofrenico. Li odia ma non ne può fare a meno. E più ne parla male più se ne riempie le tasche. L'importante è farlo con discrezione, con noncuranza, con quell'atteggiamento da nobiluomini, quello di chi è ricco ma vorrebbe tanto essere povero. Il guaio è che siccome sono colti e intelligenti il denaro gli casca addosso, come una colonia di pidocchi quando intravede una foresta di capelli. Non c’è niente da fare. La sinistra con gli anni ha dovuto accettare questo maledetto compromesso: diffidare del mercato, accarezzare gli operai, bastonare gli arricchiti, quelli senza pedigree, quelli appunto come Briatore, sussurrare che il denaro nella vita non è tutto, infatti ci sono anche gli assegni, e accumulare milioni. L'unica differenza è che loro lo fanno con stile.

Al posto dello yacht preferiscono il sottomarino. Tutto sarebbe stato perfetto se questi resti medievali di San Marino non avessero ceduto. Il segreto bancario mette le carte in tavola. E si scopre così che il denaro puzza anche a sinistra. Anzi, puzza di più.

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