Questa sinistra isterica fermi la caccia al premier

Giampaolo Pansa: "Aggressioni ai lettori di giornali di centrodestra e insulti a Berlusconi: intervenite prima che si torni alla tensione degli anni Settanta"

A sinistra troppa gente sta diventando isterica? Comincio a pensarlo dopo una serie di indizi che, insieme, fanno una prova. Mercoledì 1° luglio Il Giornale ha pubblicato due lettere inviate al direttore, Mario Giordano. Erano firmate o siglate, venivano entrambe da Milano e raccontavano le disavventure di due lettori del suo quotidiano.
Vediamo la prima. Il venerdì 26 giugno un signore sale sull’Eurostar Roma-Milano, si siede al posto assegnato e comincia a leggere Il Giornale. Passano pochi minuti e viene insolentito da un altro passeggero. Costui ringhia: «Odio quelli che leggono Il Giornale!». Dopo qualche altro minuto, l’odiatore esclama: «Non posso sopportare la vista dei fascisti!». E si alza, cambiando posto nella carrozza. Nessuno reagisce. Nessuno sembra aver sentito nulla.
La seconda è del 23 giugno. Milano, filobus della linea 90-91 nel tratto fra piazzale Lodi e piazza Tripoli, ore 13. Un passeggero è seduto e ha in mano Il Giornale. Ma anche per lui la lettura si rivela un’impresa. Una donna sui trent’anni gli dice: «Lei mi fa venire il voltastomaco. È privo di senso critico». Poi aggiunge, urlando: «Lei ragiona come il suo capo, il Berlusconi». Il lettore del Giornale le replica che ciascuno sceglie il quotidiano che crede. Ma la donna non si quieta. Le dà manforte un giovanotto sui trent’anni. Poi la coppia scende dal filobus gridando: «Sei un servo di Berlusconi. E fai davvero schifo!».

La risposta di Giordano è intelligente e pacata. Si limita a dire che a nessuno dei suoi lettori verrebbe in mente di insultare chi legge Repubblica. Poi rivela che gli stanno arrivando molte lettere dello stesso tenore. Infine conclude con una verità: «Il centrodestra è maggioranza nel Paese. Purtroppo però è una minoranza culturale». Risposta tranquilla e, dunque, buona. Confesso che al suo posto sarei stato ben più duro.

Il lettore aggredito sul filobus ricorda che negli anni Settanta, a Milano, acquistare Il Giornale, allora diretto da Indro Montanelli, poteva essere pericoloso: «Si rischiavano le bastonate. Di solito si comprava anche un altro quotidiano che serviva a nascondere il primo». Succedeva davvero così. In quel tempo lavoravo al Corriere della Sera. L’aria di Milano era orrenda. La sinistra menava e qualche volta sparava. Indro era ritenuto un fascista, come i suoi lettori. E infatti venne gambizzato dalle Brigate rosse.

Grazie a Dio non siamo tornati a quei tempi. Ma proprio ieri ho letto una mail inviata al Riformista e diretta a me. Una signora emiliana racconta quanto segue. Stava alla stazione ferroviaria di Latina e, in attesa del treno, leggeva un mio vecchio libro, La grande bugia. Un tizio l’ha assalita a male parole. E la stessa aggressione ha poi subito, sempre per quel libro, su un Eurostar che la portava a Milano.

C’è un detto che ho citato più volte: il diavolo si nasconde nei dettagli. Dunque è bene fare attenzione ai piccoli fatti perché spesso diventano i sintomi di un guaio più grande. Eccone uno che mi riguarda. Un libraio emiliano mi ha detto: «Mi piacerebbe invitarla a presentare il suo ultimo libro. Ma non posso farlo perché perderei molti dei miei clienti di sinistra». Gli ho risposto: «Non si preoccupi. Se un libro non è inutile, si vende da solo...».

In fondo sono fastidi ancora da poco. Anche per questo mi sembra giusto mantenere il sangue freddo. Tuttavia la calma non può impedirci di osservare l’orizzonte con qualche timore. Non mi piacciono per niente le contestazioni aggressive al presidente del Consiglio. Voglio dirlo, e posso dirlo, proprio perché sono stato il primo a invitarlo alle dimissioni, per ben due volte.

Conosco già la risposta di molti che odiano il Cavaliere: se viene contestato è colpa sua, basta pensare alle ultime storie delle ragazze convocate a Palazzo Grazioli o nel villone in Sardegna! Ma è una risposta sbagliata. Finché Silvio è il presidente del Consiglio, rappresenta tutti, anche quelli che non lo hanno votato. Dunque va lasciato in pace. O se vogliamo essere ironici, va lasciato a cuocere nel suo brodo. Criticarlo è un diritto, cercare di pestarlo no.
Invece le aggressioni al premier si stanno moltiplicando. Un cronista attento, Claudio Tito di Repubblica, ci ha spiegato che le contestazioni in pubblico sono diventate «un vero e proprio incubo» per il Cavaliere. Come non capirlo? Ho visto alla tivù quella di Viareggio, dopo la strage alla stazione. Gli urlatori non erano una folla sterminata. Ma li muoveva una furia cieca che mi ha spaventato. Tanto che mi sono chiesto: e se qualcuno gli avesse sparato?
Avere un premier in libertà vigilata è un’offesa per la Repubblica. E non giova neppure ai capi del Partito democratico. Penso che Franceschini e Bersani dovrebbero trovare un minuto nella battaglia elettorale interna per invitare i loro supporter a lasciare in pace il presidente del Consiglio. Non conviene a nessuno arroventare l’aria.

E tanto meno dare la caccia al premier.

Non conviene perché l’Italia è una democrazia instabile. Se pensiamo il contrario, facciamo un errore. Dentro le tante sinistre ci sono nuclei di fanatici pronti a menare le mani. Lo stesso succede a destra, anche su questo non ho dubbi. Vogliamo offrire ai violenti dei due blocchi l’occasione per farsi la guerra? E per tentare il bis di quel che accadde negli anni Settanta e Ottanta?

Scherzare con il fuoco è sempre rischioso. Dunque, regola numero uno: lasciare Berlusconi al suo destino. Regola numero due: non aggredire chi legge un giornale o un libro che non ci piace. Siamo un Paese sull’orlo di un abisso.

È una voragine dove s’intrecciano crisi ogni giorno più dure: economica, sociale, politica, istituzionale, civile. Meglio fermarsi in tempo. Prima che l’intolleranza divampi e ci bruci tutti. Come è accaduto ai poveri morti di Viareggio.

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