Sono quasi sicuro che Régine Crespin, morta ottantenne l'altro ieri in un ospedale parigino, sarebbe ben contenta di sapere che si sia unito così naturalmente al rimpianto un sorriso riconoscente, un moto di incancellabile simpatia. Era una cantante magnifica, dalla voce piena, dalla presenza scenica importante, che dagli anni Quaranta agli anni Ottanta aveva cantato con direttori quali Dervaux e Solti, Mehta e Karajan, e aveva interpretato il grande repertorio italiano e tedesco da Tosca a Otello, da Walkiria al Rosenkavalier. Ma fra i mitici protagonisti d'opera era tra i pochi ad aver conservato autocritica, senso dell'umorismo, voglia di vivere anche fuori dalle mura del teatro e dalle mappe delle tournée.
Confessava d'avere imparato a cantare con le canzoni di Charles Trenet; di amare l'arte e la musica, ma di volersi ritirare in tempo per recuperare tutto quello a cui aveva dovuto rinunciare per serietà professionale, e così si ritirò ancora in forma. Sapeva impostare benissimo la vita anche sul piano del repertorio: ad esempio, per Mozart diceva sensatamente d'avere la voce troppo grossa; e si permetteva parti un po' ai margini della sua vocalità solo nellopera francese, dove era magistrale nella parola e nel fraseggio, da Carmen ai Dialogues des Carmélites.
Sapeva fare ridere, imitava Mistinguett, cantava Offenbach. Un suo adoratore l'avrebbe voluta solo in parti nobili e le scrisse che gli era caduta dal piedistallo. Régine rispose: «Ma non mi sono proprio fatta male».
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