Rabbia e veleni nel feudo dei Franzoni

Aggressioni verbali e fisiche a giornalisti e curiosi. E anche i bimbi urlano ai fotografi: «Andate via»

nostro inviato a Ripoli

Santa Cristina (Bologna)
«E tu chi cazzo sei? Sei del Giornale, embè chi cazzo se ne frega. Siete tutti uguali. Adesso ti sistemo io, ti faccio andar via in fretta la voglia di venir qui a chiedere, a guardare». Sono le 13.50 di giovedì 22 Maggio 2008 se ai carabinieri della zona importasse almeno di prender buona nota e di provvedere, quando vivo il mio momento di celebrità e ricevo esplicita minaccia di aggressione da uno degli undici fratelli di Annamaria Franzoni. Esterno giorno, dunque. Pubblica strada (a meno che anche le strade comunali, qui siano di proprietà della Società per Azioni Franzoni-Lorenzi).
Località Monte Acuto, agriturismo Castagnet, questo sì di proprietà dei Franzoni, anche se come agriturismo dovrebbe essere aperto a tutti. Ai turisti, come a tutti quelli che finiscono in «isti». A farmi da testimone, nel caso servisse, e potrebbe servire, la collega di un noto quotidiano nazionale. Ha un gran voglia di menar le mani l'energumeno che si materializza all'improvviso appena parcheggio e m'incammino guardando verso il quartier generale dove tutta la numerosa famiglia è riunita il giorno dopo la definitiva condanna di Annamaria. E così arriva a tutto gas in retromarcia, sfiorando i miei piedi col suo gippone-tank. Poche altre frasi che vi risparmio, mi confermano che il fratellone ha saltato i corsi di recupero al collegio di Eton. Così giro i tacchi. Ma il body-guard di famiglia non si accontenta. Mi segue col gippone-tank, dimenticandosi di mantenere la distanza di sicurezza. Sospingendomi, diciamo così, fino all'uscita dal feudo di Monte Acuto.
Quest'incontro ravvicinato, che sarebbe esilarante se non fosse preoccupante, dà un'idea sufficientemente chiara di come l'aria salubre dell'Appennino bolognese sia diventata, almeno da 48 ore a questa parte, irrespirabile. Carica di veleni. Di rabbia e di rancori che si scaricano, come avant'ieri sera si scaricavano, sotto gli occhi basiti dei carabinieri, solo sui giornalisti. L'altra notte la gente del feudo di Ripoli durante i concitati e tesissimi momenti dell'arresto di Annamaria ha preso a schiaffi un collega e ne ha invitati un altro paio a far a botte. Ieri è toccato a me. Pericolosa involuzione in questi luoghi dove si dispensavano un tempo solo tigelle e gnocco fritto, sinonimi di allegria e ospitalità. Se è vero come è vero che anche i bambini, i coetanei di Davide e Gioele, emulano gli adulti e superano a loro volta gli scugnizzi più impuniti. Visto che alle 13.

30, quando nel «centro» di Ripoli si spalanca la porta dello Scuolabus, uno degli scolaretti che rimane a bordo, urla, rivolto a cameramen e fotografi: «Andate via, tornate a casa». E tira uno sputacchio. Che avrebbe dovuto farmi capire che la giornata era impegnativa.

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