da Roma
Se la nostalgia ha un valore, perché parla al cuore, per il cuore dei telespettatori di Raiuno potrà valere molto Raccontami: la nuova fiction (tredici puntate a partire da domenica) intrise di tutta la tenerezza e lironia che la nostalgia, inevitabilmente, porta con sé. Chi fra i telespettatori più maturi ricorda La famiglia Benvenuti, e chi noterà alla guida degli sceneggiatori di Raccontami lo Stefano Rulli di La meglio gioventù, nonchè alla regia il Riccardo Donna di Un medico in famiglia, potrà farsi unidea del tono affettuoso e lirico di questo album dei ricordi sugli anni Sessanta. Che affidato ad una squadra di sensibili interpreti (Massimo Ghini, Lunetta Savino, Max Giusti, Marco Marzocca, Ivano Marescotti), davanti al rischio comune a tutti i revival dei magnifici Sessanta - quello di cadere nelle citazioni banali - non si sogna neppure di evitare i luoghi comuni o cliché. Ma ci si tuffa dentro traendone un omaggio sincero.
«Raccontami significa molto per noi - spiega il direttore di Raifiction Agostino Saccà -; è un omaggio che la Rai fa a se stessa e ai suoi cinquantanni. È un affresco su come eravamo ma anche su come siamo. Ed è una dichiarazione damore alla forza delle donne». Il lungo racconto (tratto dal format Cuentame, che in Spagna è un successo da sei anni) è un lunghissimo flashback narrato da Carlo, che nasce il giorno stesso dellinizio delle trasmissioni della Rai, il 3 gennaio 1954, e che dai sei anni in poi racconta la storia della sua famiglia vista attraverso i suoi occhi di bambino, scandita dallarrivo della televisione e da tutti i momenti della storia e del costume ad essa legati. Le olimpiadi del 60, i primi elettrodomestici e le prime cambiali per comprarli, le feste dei diciottanni fatte in casa, la biancheria stesa in terrazzo con le mollette. «Tutti ricordi che appartengono a ciascuno di noi e che non abbiamo fatto alcuno sforzo a recuperare - confessa Lunetta Savino nel ruolo della madre energica -; cercando sempre di trasmetterne tutta le verità ed umanità». «Ricordo benissimo il giorno in cui arrivò la tv in casa mia - rammenta Massimo Ghini, padre autoritario ma affettuoso - e quando, schiacciando quel pulsante, anchio sono entrato nel mondo». «Perfino per noi che non li abbiano vissuti - riflette Edoardo Natoli nel ruolo del ragazzino imbranato) assieme a Carlotta Tesconi - gli anni Sessanta rappresentano qualcosa. Forse i giorni in cui la famiglia era un valore più sicuro, più affidabile. E la figura del padre più presente e rassicurante».
«Certo: raccontando quegli anni dovevamo per forza misurarci col rischio stereotipo - ammette la sceneggiatrice Claudia Sbarigia -; ma non ce ne siamo preoccupati. Abbiamo preferito ricordarci comerano fatte le nostre mamme, come ragionavano i nostri fratelli e sorelle maggiori; e guardare a quel periodo senza rabbia ma anche senza agiografia. Ricostruendo cosa ci manca di allora, ma anche ciò che non ci piaceva».
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