Un "rave teatrale" nei palasport. Mahmood cambia sempre ritmo

Il tour colleziona tutto esaurito. A Milano c'era la Vanoni con lui sul palco. "A Sanremo mi sento a casa, quindi perché non tornarci?"

Un "rave teatrale" nei palasport. Mahmood cambia sempre ritmo
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Intanto Mahmood cresce passo dopo passo. Nell'epoca del gigantismo a tutti i costi, lui continua a fare concerti e a dosare le apparizioni collezionando quasi tutti «sold out» e rafforzando il rapporto con i fan. Lo hanno confermato i due concerti tutti esauriti di inizio settimana all'Unipol Forum di Assago durante i quali sono apparsi non solo Blanco ma soprattutto Ornella Vanoni che ha restituito il favore: in primavera Mahmood era salito sul suo palco agli Arcimboldi e lei in cambio si è presa gli applausi del Forum. «Farei di tutto per te, verrei pure a pulirti casa» ha detto Mahmood quasi a celebrare un rapporto che non è poi così strano.

A trentadue anni, dopo cinque di carriera in continua crescita, Alessandro Mahmoud detto Mahmood, nato a Milano nel 1992 da mamma italiana e papà egiziano, è uno dei pochi artisti della nuova generazione a metà tra pop e urban, che sia riuscito a farsi «riconoscere» anche dai grandi maestri. E l'esposizione social conferma una trasversalità generazionale sempre più rara.

In fondo anche il suo nuovo concerto, che stasera 25 ottobre passerà da Firenze prima di raggiungere Roma e Napoli, è una sorta di viaggio tra mondi diversi. «Questi concerti - spiega lui - sono stati concepiti come un rave teatrale con diversi quadri estetici. A volte sono sognanti, a volte più alternativi e underground». Ma tutto insieme, aggiunge, «racconta le esperienze che ho vissuto finora». E poi ancora: «Volevo portare nella dimensione dei palasport il sapore dei club europei con cui tanto mi sono misurato nei passati tour». E in effetti, qualche mese fa al Paradiso di Amsterdam in una delle date dei concerti europei, Mahmood ha confermato una vocazione internazionale che va in controtendenza rispetto all'omogeneità, talvolta provinciale, di tanta musica italiana. E in questi live c'è una voglia di raccontare una storia della quale le canzoni (ma non solo: anche i cambi d'abito e le coreografie) sono singole tappe. «La mia avventura inizia nello studio di un dentista dove, a causa dell'anestesia, mi addormento e inizio a sognare, immaginando di intraprendere un viaggio diviso in tre parti: la prima rappresenta il volo verso l'ignoto, la seconda il tragitto vero e proprio - sempre diverso per ognuno di noi - e la terza l'arrivo oltre le nuvole, in un non-luogo che in realtà rappresenta uno stato d'animo, ossia l'oggi, il presente».

In poche parole, Mahmood si costruisce concerto dopo concerto senza cedere alla tentazione di fare il passo più lungo della propria storia (ossia sbarcare negli stadi). In questo è in controtendenza rispetto alla media e tiene fede alla gavetta di un barista (in Piazza San Babila a Milano) che lentamente ha affinato il proprio talento prima di arrivare al Festival e diventare il primo a vincere nello stesso anno sia Sanremo Giovani che il Sanremo dei Big. Il brano era Soldi, l'anno il 2019, e pochi mesi dopo all'Eurovision Song Contest la canzone arriva al secondo posto sfiorando la vittoria non solo in gara ma anche poi nelle classifiche streaming. Da lì Mahmood avrebbe potuto replicarsi all'infinito e invece ha provato, talvolta riuscendoci bene, altre meno, a continuare a crescere senza deragliare nell'egocentrismo o nella megalomania.

A proposito, Sanremo. Ci torna oppure no?

Lui dice: «Ogni mia volta al Festival ha significato sempre qualcosa di diverso, sfide ed esperienze nuove. Quando sono a Sanremo mi sento a casa, quindi perché no?». Se ci andasse, sarebbe comunque in una versione sorprendente oppure comunque diversa.

Dopotutto, la corsa a migliorare è sempre stato il minimo comun denominatore della sua carriera, sin da quando si presentò ad Area Sanremo in attesa di trovare un posto al Festival. «Nelle mie canzoni racconto spesso anche i momenti difficili del mio passato». Ad esempio Tuta gold, nel quale canta: «Mi hanno fatto bene le offese, quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto». Il tipico bullismo dei tempi.

«Proprio Tuta gold è la metafora della corazza che mi sono costruito negli anni, esperienze che - guardandomi indietro - mi hanno fatto crescere e mi hanno fortificato». Forse per questo oggi, con la giusta gavetta alle spalle, Mahmood è uno dei concorrenti al podio del futuro. Lentamente. Senza correre. Ma con le idee chiare.

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