Los AngelesAgli Oscar il re ha battuto il genio informatico ragazzino. Come da pronostici della vigilia Il discorso del re ha vinto quattro statuette: miglior film, miglior regia (Tom Hooper), miglior attore protagonista (Colin Firth) e migliore sceneggiatura originale (David Seidler), lasciando al concorrente The Social Network solo i premi per migliore adattamento (Aaron Sorkin), miglior colonna sonora (Trent Reznor e Atticus Ross) e miglior montaggio (Kirk Baxter e Angus Wall). Grazie forse anche all’età media di 57 anni dei membri dell’Academy, i votanti si sono sentiti più vicini agli eroi di mezza età del film storico che non ai protagonisti del quasi instant movie sulla nascita di Facebook, il fenomeno sociale e informatico creato dal giovanissimo Mark Zuckerberg.
Un risultato in un certo senso controcorrente rispetto alla scelta dei presentatori della serata, gli attori Anne Hathaway e James Franco (anche candidato come protagonista di 127 ore), i più giovani nella storia degli Oscar. Ma dopo una sequenza iniziale in cui i due sono stati inseriti in spezzoni dei dieci miglior film, alla ricerca della ricetta ideale per presentatori, la serata ha reso omaggio alla storia del cinema e ha visto sul palco il 95enne Kirk Douglas e l’amatissimo conduttore di otto cerimonie Billy Crystal, che ha ricordato Bob Hope, presentatore per diciotto volte. E se la Hathaway merita ammirazione per la sua energia, per aver cantato e cambiato sette volte abito, acconciatura e trucco in uno show dal vivo, Franco sembrava un po’ anemico e sotto tono, malgrado un’apparizione vestito e truccato da Marylin Monroe.
Il miglior discorso di ringraziamento è stato quello di David Seidler, lo sceneggiatore 73enne de Il discorso del re, che in gioventù soffriva di balbuzie proprio come re Giorgio VI. «Sono il più vecchio scrittore a vincere questo premio. Spero che questo record venga spezzato presto e spesso. Accetto l’Oscar a nome di tutti i balbuzienti: anche noi abbiamo una voce e possiamo farla sentire». Divertente e molto British anche il miglior attore protagonista Colin Firth, già candidato lo scorso anno per A single man di Tom Ford, che ha ringraziato nel suo discorso così come la moglie italiana Livia. Il miglior regista Tom Hooper, 39enne, ha invece ringraziato la madre per avergli segnalato questa storia dopo aver partecipato a una lettura pubblica della sceneggiatura. Migliore attrice protagonista è stata la superfavorita Natalie Portman per Cigno Nero di Darren Aronofsky, un ruolo per cui aveva già fatto incetta di premi, e che le ha anche portato fortuna nella vita privata. La Portman è infatti fidanzata e in attesa del primo figlio, e il padre è il coreografo del film, il ballerino francese Benjamin Millepied. Ha battuto (e i bookmakers lo avevano ampiamente previsto) l’Annette Bening dei I ragazzi stanno bene, che ha perso la statuetta per la terza volta. La migliore attrice non protagonista è stato vinto da Melissa Leo per il suo ruolo in The Fighter, di David O. Russell, e in campo maschile il premio è andato a Christian Bale per lo stesso film. Toy Story 3 di Lee Unkrich, il terzo episodio della saga targata Pixar che nel 1995 ha rivoluzionato il mondo dell'animazione, ha vinto l'Oscar del miglior film animato e anche quello per la migliore canzone, We Belong Together di Randy Newman, musicista nominato venti volte e vincitore per la seconda volta, una specie di mascotte della Pixar, con cui ha collaborato su sei film. Se lo meritava, insomma.
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