Modena - Autoemotrasfusione. Questa la pratica alla base della morte sfiorata da Riccardo Riccò. Nessuna redenzione possibile per il "maledetto" delle due ruote. Il ciclista modenese, 28 anni, tornato alle corse da meno di un anno dopo la squalifica di 20 mesi per la positività al Cera, è stato ricoverato sabato sera all'ospedale di Baggiovara (Modena). "Per un blocco renale e un edema polmonare" aveva raccontato ieri il papà del corridore, Rubino. Un lungo allenamento sul suo Appennino, la febbre alta. E invece, secondo il medico di Pavullo, il primo a visitarlo, il malore sarebbe il frutto di "un'autoemotrasfusione". Riccò si sarebbe iniettato una sacca del suo stesso sangue conservato in frigofero per 25 giorni. Lo avrebbe confessato lo stesso ciclista al medico vista la gravità della sua situazione clinica. Lo ha confermato il procuratore di Modena. Il corridore, mentre riceveva le prime cure al pronto soccorso, avrebbe anche riferito al medico di aver tenuto il proprio sangue per circa 25 giorni prima di immetterselo nuovamente e di temere per lo stato in cui era stato conservato.
L'inchiesta della procura La procura di Modena ha aperto un fascicolo conoscitivo relativo al malore che ha colpito Riccò, ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Baggiovara. Il procuratore capo di Modena, Vito Zincani, ha specificato che l’ospedale di Pavullo, dove inizialmente domenica era stato portato il corridore, sta fornendo gli esiti dei primi esami sul corridore, che si era sentito male sabato dopo un allenamento. "Solo dopo averli raccolti potremo ipotizzare la violazione in relazione all’articolo 9 della legge antidoping" ha detto.
Riccò, ancora ricoverato in Neurorianimazione, ha trascorso la notte senza complicazioni e rimane vigile. E anche l'ufficio della procura antidoping del Coni ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti di Riccò. Rischia da 8 anni alla squalifica a vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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