Il ricordo Morto Bossi, il papà del «Sacrario»

Per tutti i milanesi era, fino ai primi Settanta, semplicemente il "monumento" ai Caduti di piazza Sant'Ambrogio, costruito fra il 1928 e il 1930 dalle Associazioni d'Arma in memoria dei combattenti che persero la vita nella Grande Guerra. Ma perché fosse trasformato in "Sacrario", ovvero adibito alla custodia delle salme di 5.000 vittime milanesi delle due guerre, doveva pensarci lui, il medico radiologo Giuseppino Bossi, classe 1922, già Assessore del Comune di Milano allo Stato Civile negli anni Settanta e deceduto pochi giorni or sono. «Non si tratta soltanto del luogo in cui sono tumulati i Caduti delle due guerre mondiali - specificava Bossi qualche mese fa, parlando del Sacrario - ma dove trovano riposo anche 31 cittadini milanesi che rappresentano le duemila vittime dei bombardamenti del 1943, una maestrina della scuola martire di Gorla e due crocerossine decedute durante il loro servizio». L'anziano medico era solito ricordare come nel 1973, anno in cui vennero poste le salme nel Sacrario, fossero tempi davvero duri per ogni sentimento nazionale o rispetto verso i Caduti. «Nonostante ciò, con molti volontari imbustammo e scrivemmo a mano l'indirizzo su 103.000 inviti che vennero spediti ai cittadini. Riuscimmo così a riempire di pubblico sale di teatri, aule magne di scuole e collegi, la Terrazza Martini e la sala del Grechetto, per annunciare l'iniziativa».


Nacque in tal modo l' Associazione «Amici del Sacrario e del Tricolore», di cui Bossi fu il presidente, che l' 11, 12 e 13 maggio 1973 vide affluire al Sacrario migliaia di resti di Caduti milanesi fino a quel momento dislocati in numerosi cimiteri periferici. «Quell' ultimo giorno si formò un corteo di 40 o 50 mila cittadini che dal Duomo a piazza Sant'Ambrogio seguì le urne avvolte nel tricolore e portate a braccia da militari o familiari dei Caduti».

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