Riforma dell'università, i baroni blindano ancora i concorsi

Gli atenei aggirano le regole e creano bandi ad hoc per i loro protetti. A ottobre arriveranno le nuove norme. Ma siamo sicuri che cambierà tutto?

Riforma dell'università, i baroni blindano ancora i concorsi

Sono stati banditi dalle università i concorsi a cattedra, e giovani studiosi si preparano a parteciparvi sperando nelle promesse del ministro Gelmini. Il ddl è pronto, e come ha detto il premier ieri, sarà presentato al Consiglio dei ministri a ottobre. È la rivoluzione dell’Università, la riforma di cui si è parlato e che finalmente sta per entrare in vigore. Merito, scientificità, trasparenza sono state le parole d’ordine del ministro dopo aver constatato, entrando nei suoi uffici, con quali procedure indecenti avvenga la selezione dei futuri docenti. Si sarebbe voltato pagina, ci aveva detto il ministro; basta con amici, figli e amanti in cattedra; attenzione alla ricerca, alle pubblicazioni, ai rapporti internazionali dei candidati ai concorsi. E invece le università si preparano a non cambiare niente e le promesse del ministro volano via con le sacrosante attese dei giovani studiosi, ancora una volta beffati. In un precedente articolo avevo spiegato come viene perpetrata la truffa dei concorsi attraverso accordi sottobanco tra docenti per difendere i propri protetti dai rischi di una vera valutazione comparativa. La corporazione accademica mi è saltata addosso perché avrei svelato come si prendono le decisioni nei sancta sanctorum accademici, negando quanto avevo scritto: cose, tra l’altro, notissime anche ai bidelli delle università. Adesso chiunque potrà valutare quanto dirò semplicemente guardando internet.

Ogni università ha, per legge, la possibilità di tracciare un profilo scientifico dello studioso, a cui la commissione di concorso si dovrà attenere per stabilire il futuro vincitore di cattedra. Prendiamo, ad esempio, la cattedra di Estetica, messa a concorso dall’Università di Bergamo.
Una persona di normale buon senso si aspetta che coloro che possiedono dei libri sull’estetica in generale abbiano titoli sufficienti per aspirare legittimamente a vincere quel concorso. E invece no. Ecco il trucco, perfettamente legale, di una legge perfettamente perversa. Cosa si inserisce nel bando di concorso? Il profilo dello studioso richiesto dall’università. Si legga quello preteso dall’Università di Bergamo: il candidato deve essere esperto in «poetiche della narrazione tra storia orale e sociale con particolare riferimento alle geografie dell’area del Mediterraneo». Io, professore ordinario di Estetica, discreto studioso riconosciuto all’estero, a quel concorso è meglio che neppure mi iscriva perché lo perderei. Per quale motivo sono così senza speranze? Perché il profilo proposto dall’Università di Bergamo del candidato che dovrà vincere è tanto specifico da escludere il 99,9 per cento degli studiosi di Estetica. Chi rimane? Quello a cui è stato ritagliato su misura il concorso medesimo, perché ha qualche pubblicazione inerente alle caratteristiche indicate nel profilo del bando di concorso.

Il trucco c’è e si vede: il concorso è in Estetica, non in un suo aspetto particolare, ma l’università, con la furbata del profilo, fa vincere il concorso al candidato che ha gia prescelto, escludendo ogni vera competizione, affinché il pupillo non tema rivali. Alla faccia della trasparenza, del merito e della scientificità. Ma il ministro conosce questi bandi? Gliene riassumo qualcuno.

Università Suor Orsola di Napoli, cattedra in Discipline Demoetnoantropologiche: insegnamento, come chiunque può capire, di straordinaria vitalità per le sorti dell’umanità. Ma si legga adesso il profilo del candidato voluto dall’università: deve avere «approfondito l’insieme delle questioni teoriche e metodologiche inerenti alla costruzione mitologica del contesto urbano partenopeo e abbia studiato in modo particolare il complesso delle pratiche simboliche mitico-rituali relative alla fondazione di Napoli, nonché alle trasformazioni subite dalla narrazione eziologica della vicenda del Nume Patrio nei contesti moderni e contemporanei». E chi mai conosce questo Nume Patrio? Ovvio: il candidato che vincerà il concorso, confezionato per lui.

Andiamo avanti. Università di Catania, cattedra in Letteratura Italiana. Si badi bene: tutta la letteratura italiana è prevista dal concorso. E invece cosa si dice nel profilo? Il candidato deve aver dimostrato «un’interesse particolare per lo studio della letteratura siciliana, anche recente, in dialogo con la letteratura italiana e con quelle europee». E poi dicono dei leghisti padani!
Cattedra di Museologia a Perugia: il candidato deve aver competenze nella «storia della critica d’arte umbra e nei processi produttivi delle botteghe d’arte del Rinascimento». Chi ha competenze dei musei internazionali è meglio che neppure provi a concorrere.
Storia dell’Arte Medioevale nell’Università di Chieti-Perugia. La vincerà chi ha studiato la «scultura lignea tardo-gotica». E chi ha invece competenza a livello internazionale sull’arte romanica? Ha già perso in partenza il concorso.

Università di Teramo, cattedra di Lingua Inglese: «Il candidato dovrà dimostrare di possedere esperienza nell’insegnamento e nella valutazione della Lingua Inglese per scopi Speciali». Scopi speciali: viene il sospetto di qualche misterioso intrigo di cui è a conoscenza soltanto il vincitore predestinato dall’ateneo di Teramo.

Cara ministro Gelmini, ci venga da lei una parola di conforto per i giovani meritevoli da lei tanto amati; e a noi dia qualche spiegazione.
Se i concorsi a cattedra si possono fare soltanto in questo modo indecente, non si facciano affatto. I professori e i consigli di facoltà procedano per semplice cooptazione dei docenti che vogliono nel proprio ateneo, assumendosi la responsabilità oggettiva della loro qualità, senza mascherarsi dietro questi concorsi truffa perfettamente legali. Le responsabilità più gravi cadono sui rettori, sul modo in cui vengono amministrate le università e spesi i denari pubblici.

Ma questo lo spiegheremo la prossima volta. Se invece un’università privata intende mettere una cattedra «sul comportamento dei pulcini sopra i piani inclinati ruvidi», lo faccia pure, con i suoi soldi, e non con i nostri.

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