Rischi cardiaci misconosciuti nella malattia renale cronica

Abbassare il colesterolo. Nemico del cuore per tutti. Vero e proprio killer, per chi soffre di malattia renale cronica (MRC). Una patologia in costante aumento nei Paesi occidentali (riguarda circa il 10 per cento della popolazione mondiale, quasi 3milioni di persone solo in Italia), spesso sottodiagnosticata e sottotrattata, ad alto rischio di complicanze, soprattutto di tipo cardiovascolare. In funzione di quest'ultimo aspetto, cardiologi, medici di medicina generale e nefrologi, si sono uniti per fornire ai pazienti la miglior assistenza possibile. E lo hanno fatto con la messa a punto di un opuscolo destinato ai clinici: «Gestione del paziente con malattia renale», presentato a Roma al 74° Congresso della Società Italiana di Cardiologia (Sic) e realizzato grazie ad un contributo educazionale di Msd Primary Care. «Negli ultimi anni si è potuto verificare come la malattia renale cronica costituisca uno straordinario fattore di rischio cardiovascolare - spiega Roberto Pontremoli, professore associato di nefrologia, università di Genova e IRCCS San Martino-Ist, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro. «Un trattamento intensivo e multifattoriale mirato alla correzione dei fattori di rischio cardiovascolare e di progressione del danno renale (ipertensione, anemia, dislipidemia, alterazioni idroelettrolitiche, iperparatiroidismo), consente di ridurre significativamente l'incidenza di eventi cardiovascolari e di rallentare la progressione della nefropatia, migliorando l'aspettattiva ma soprattutto la qualità di vita del paziente. L'approccio integrato ai pazienti con malattia renale cronica è necessario ed utile, in ragione della complessità fisiopatologica e clinica dei pazienti». Nonostante il rischio di complicanze cardiovascolari, ancora oggi, i pazienti con malattia renale cronica, troppo spesso non vengono sottoposti al trattamento ipolipemizzante.

In merito, un ampio studio clinico, Sharp (circa 9mila i pazienti reclutati), ha contribuito a chiarire i benefici della riduzione dei livelli di colesterolo Ldl (cosiddetto cattivo), sugli eventi aterosclerotici maggiori, in persone che soffrono di MRC. Lo studio Sharp rappresenta una pietra miliare per i fattori di rischio aterosclerotici.

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