A rischio il processo sugli abusi alla Olga Rovere, protestano vittime e imputati

I familiari dei bambini che avrebbero subito violenza nella scuola di Rignano Flaminio si appellano al ministro della Giustizia Alfano e il 4 luglio manifesteranno davanti al Tribunale di Tivoli. Il dibattimento rischia lo stop per l'imminente trasferimento di un giudice

Protestano i familiari delle piccole vittime, ma anche gli imputati: il processo per i presunti abusi sui bambini della scuola Olga Rovere di Rignano Flaminio non può e non deve fermarsi. Il rischio che il dibattimento salti e si debba ricominciare tutto daccapo è concreto poiché il giudice al latere Marzia Minutillo Turtur è stata nominata membro della commissione giudicatrice del concorso in magistratura e sarà collocata fuori ruolo. Se ciò accadrà, tutto quello che è stato fatto in aula finora andrà perduto e i tempi del processo, sempre che si riesca a portarlo a termine, si dilaterebbero a dismisura. Per cercare di impedirlo il prossimo 4 luglio, in occasione dell'ufficializzazione dello stop, i genitori dei 20 bambini che avrebbero subito le violenze sessuali manifesteranno davanti al Tribunale di Tivoli. La protesta sarà preceduta da un appello pubblico al ministro della Giustizia Angelino Alfano affinché compia tutti gli atti in suo potere per impedire che il dibattimento debba ricominciare.
I genitori dei bimbi sono sul piede di guerra. «Dopo i nostri figli si violenta la giustizia - si sfoga una mamma - noi abbiamo certezza che i bambini hanno subito violenza e che hanno molto sofferto. Ad accertare chi ha inferto loro le sofferenze devono essere però i giudici». Per uno dei legali di parte civile, Pietro Nicotera, se il processo venisse sospeso non si giungerebbe mai più a sentenza. «Sono ancora da ascoltare circa 400 testimoni e numerosi periti. Nel Tribunale di Tivoli i giudici rimangono generalmente un anno, al massimo un anno e mezzo, prima di ottenere il trasferimento in sedi a loro più gradite. È evidente che un dibattimento così complesso e delicato non potrà arrivare a conclusione se non si garantirà la stabilità del collegio». Ma anche gli imputati non hanno alcun interesse che il giudizio venga sospeso, non vogliono rimanere sulla graticola più a lungo del previsto.

«Siamo persone perbene ingiustamente accusate di un reato ignobile - sostengono i familiari di Silvana Magalotti, una delle maestre imputate - vogliamo quindi che il processo continui e che venga riconosciuta la nostra innocenza. La tortura a cui siamo sottoposti dura già da sei anni e non può continuare all'infinito».

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