Ritorna anche la vecchia musicassetta con il suo fascino magnetico e rétro

Questo supporto, tipico degli anni Ottanta, piace soprattutto ai trentacinquenni

Ritorna anche la vecchia musicassetta con il suo fascino magnetico e rétro
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Tra i simboli degli anni Ottanta, certamente si possono annoverare le audiocassette, meglio note come musicassette, e il walkman, il lettore portatile dei suddetti nastri magnetici e il precursore dell'iPod, oggi fuori produzione a causa dei semplici telefonini.

Ogni giorno c'è un revival e adesso tocca alle musicassette. Un piccolo fenomeno, d'accordo, ma un fenomeno. Sugli scaffali dei negozi, accanto al vinile, non è più raro vedere la musicassetta. Anzi, nei negozi underground, che di solito anticipano le mode della grande distribuzione, sono una presenza fissa, mentre il cd tende a sparire, sostituito da un codice per scaricarsi i file audio.

Qualche numero. Secondo la British Phonographic Industry, l'associazione che rappresenta le case discografiche nel Regno Unito, nel 2022 le vendite sono aumentate per il decimo anno consecutivo, superando le 195mila copie. Nel 2012 erano 3.823. Nel 2022, però, nel Regno Unito sono stati venduti più di 5 milioni di vinili.

Eppur si muove. Anche i grandi nomi cominciano a reintrodurre questo supporto, che fa capolino nelle catene: Iron Maiden, Arctic Monkeys, Maneskin, Billie Eilish...

Altro indizio piuttosto chiaro: se fate una breve ricerca nel sito di qualsiasi negozio on line, scoprirete che sono tornati in produzione i lettori di musicassette, un tempo si chiamavano piastre, spesso associati al giradischi (e non sempre al lettore cd). I prezzi sono accessibili.

Terzo e ultimo indizio: avete presente quelle cassette dei Rolling Stones che avete dimenticato in qualche armadio? Fino a qualche mese fa non valevano nulla. Oggi potrebbero valere anche una trentina di euro.

Muoversi, si muove. Ma perché si muove? Quale bisogno soddisfa il ritorno della musicassetta? Forse un'indicazione è fornita dalla fascia d'età dei maggiori consumatori, all'incirca 35enni e dintorni. Gente cresciuta con i file digitali, forse delusa dalla frenetica modalità d'ascolto fondata sullo skippare (saltare) i brani sgraditi. Risultato: una canzone ha pochi secondi per convincerci, altrimenti si passa oltre. Alla fine, si divorano grandi quantità di musica ma non si assimila niente. È bulimia consumistica, lascia il vuoto e l'insoddisfazione.

E la qualità sonora? I vecchi nastri si

smagnetizzavano e la musica si perdeva in una nebbia indistinta. Oggi sono cambiati i metodi di produzione, e i costruttori garantiscono una maggiore vicinanza al suono «naturale», a patto di lavorare senza prendere scorciatoie.

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