Milano - Il solidarismo a oltranza di don Virginio Colmegna, leader dei cattolici milanesi schierati con Giuliano Pisapia, non fa presa in tutta l’arcidiocesi. Un numero crescente di preti ambrosiani preferisce mettere al primo posto, nei criteri per un voto «autenticamente cattolico», la difesa dei «valori non negoziabili» dettati dal Papa e ricordati anche l’altro giorno dal segretario della Cei, monsignor Mariano Crociata: la vita dal concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio, la libertà di educazione, la sussidiarietà.
Don Colmegna insiste: «Il vero principio non negoziabile - ha ripetuto ieri al sito Ilsussidiario.net - è la fraternità inclusiva. A Milano è in corso una campagna discriminatoria». Ma il quotidiano dei vescovi Avvenire, che in questi giorni sta radiografando i programmi dei ballottanti milanesi, ha sintetizzato la sfida contrapponendo la «sussidiarietà» di Letizia Moratti al «centralismo» del candidato delle sinistre. Un altro segnale che nel mondo cattolico milanese le posizioni sono più articolate di quanto è sembrato finora.
Non c’è soltanto la «primavera di cambiamento» auspicata dal cardinale Dionigi Tettamanzi, da Famiglia cristiana e dal gruppo «Noi siamo Chiesa», sottoscritto anche da una decina di preti tra cui don Colmegna. Il settimanale Tempi ha intervistato numerosi sacerdoti ambrosiani, soprattutto parroci ma anche personaggi in vista della curia come monsignor Ennio Apeciti, responsabile diocesano per le cause dei santi e docente al seminario, o monsignor Ferdinando Citterio, docente di etica sociale all’Università cattolica. In tutti emerge una preoccupazione: «Non si può stare dalla parte di una politica antitetica alla visione dell’uomo espressa dalla fede cristiana».
Dice monsignor Apeciti: «Guai se la Chiesa desse indicazioni partitiche. Essa deve promuovere i princìpi evangelici. Accoglienza non vuol dire tolleranza finta e scriteriata o abolizione di ogni limite. Potrà mai un uomo tollerare l’aborto? Se vive il rapporto con Cristo che lo genera, no, mai». Gli fa eco monsignor Citterio: «Bisogna esaminare i programmi e scegliere quello che garantisce meglio che i valori importanti per un cristiano siano realizzati e vissuti nella società». I cattolici non devono scegliere «il politico che personalmente già vive secondo quei valori, anche se sarebbe tanto meglio, ma chi soprattutto li sostiene pubblicamente e ne fa programma politico e sociale».
Don Maurizio Ormas, della parrocchia di San Silvestro, ricorda il fallimento di Zapatero in Spagna: «Chi promuove l’individualismo e l’autodeterminazione in senso contrario alla natura, stenterà anche a promuovere una giusta economia che rispetti davvero la persona. Disoccupazione e malcontento sono i risultati di questa frammentazione antropologica». Per don Carlo Casati, parroco di Santa Maria Nascente, «la solidarietà è uno dei punti del magistero cattolico ma non può restare isolato dagli altri». Anche per don Franco Berti, parroco di San Vincenzo de’ Paoli, il compito dei sacerdoti è «educare a vivere la bellezza della fede così che i laici si assumano poi la responsabilità di promuovere e difendere la visione dell’uomo che ne nasce. La solidarietà senza il rispetto della vita, della famiglia naturale e della libera educazione mi sembra “falsata”. È gravissimo quando un sacerdote prende le parti di un partito a nome della Chiesa». Aggiunge don Gerolamo Castiglioni, parroco di San Nicola in Dergano: «Senza indicare nessun partito, dico che in discussione oggi non c’è la persona di un candidato, ma una certa concezione della vita. Su questo siamo chiamati a scegliere».
«È stata una sorpresa scoprire che tra i fedeli e nel clero di Milano sono moltissimi coloro che seguono le indicazioni dei vescovi - dice Luigi Amicone, direttore di Tempi - L’informazione in questi giorni non ha reso giustizia a questi cattolici.
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