Coronavirus, il cartello choc in un bar a Roma: "Vietato l'ingresso a chi arriva dalla Cina"

Dopo i primi due casi di coronavirus accertati in Italia in un bar di Fontana di Trevi spunta un cartello che vieta l'ingresso nel locale a chi arriva dalla Cina

Coronavirus, il cartello choc in un bar a Roma: "Vietato l'ingresso a chi arriva dalla Cina"

Dopo la positività ai test sul coronavirus dei due turisti cinesi che soggiornavano nell’Hotel Palatino di via Cavour, a Roma, il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria.

E nella Capitale è già scoppiata la psicosi. Già nei giorni scorsi la comunità cinese, ma anche moltissimi romani, avevano fatto incetta di mascherine nelle farmacie. In quella di via dei Serpenti, a pochi metri dall'albergo dove soggiornava la coppia infetta, sono esaurite da giorni. E ora dopo i primi due casi conclamati l’ansia è cresciuta in tutta la città, tanto che in un esercizio commerciale del centro è spuntato anche un cartello con cui si vieta l’accesso a chi arriva dalla Cina.

Si tratta di un bistrot di via del Lavatore, non lontano da Fontana di Trevi. I proprietari del locale hanno affisso sulla vetrina un foglio A4 dove si legge l’avvertimento in inglese: "Viste le ultime misure di sicurezza internazionali, in questo locale è vietato l'accesso a tutte le persone provenienti dalla Cina. Ci scusiamo per il disagio". La frase tradotta anche in mandarino e in giapponese, ha lasciato di stucco molti passanti.

A staccarlo, qualche ora dopo, secondo quanto fa sapere Leggo, sono stati gli agenti della Polizia Locale. L'avviso è "discriminatorio" hanno stabilito i vigili. Ma i proprietari non ci stanno: "Lo abbiamo affisso per prevenire l'emergenza e tutelare la salute dei nostri ospiti, visto che anche il governo italiano ha bloccato i voli provenienti da questo Paese", ha detto una portavoce dell'attività a Repubblica. "Non è un cartello contro le persone - ha chiarito - e infatti abbiamo scritto che l'accesso è vietato a chiunque arrivi dalla Cina, di qualsiasi nazionalità esso sia". "Ci siamo spaventati dopo i due casi di ieri - confessa - e quindi ci siamo sentiti in diritto e dovere di farlo, è un servizio che offriamo alla comunità il razzismo non c'entra".

Non è l’unico esercizio commerciale che in questi giorni ha affisso manifesti per "rassicurare" i clienti preoccupati dal rischio contagio. Nel quartiere Trieste Salario un salone di bellezza gestito da cinesi ha specificato con un avviso affisso in vetrina che i suoi dipendenti non si sono recati nel Paese di origine "negli ultimi tre mesi".

Un divieto di ingresso ai cinesi era comparso nei giorni scorsi anche sulle vetrine di una pasticceria della città giapponese di Hakone. "Nessun cinese è autorizzato ad entrare nel negozio", avevano scritto i titolari per paura di essere infettati con la super polmonite di Wuhan. Il cartello non è stato rimosso neppure in quel caso perché, aveva spiegato ai quotidiani locali il professore di diritto dell’Università di Aoyama Gakuen, Shin Hae-bong, il pasticcere non ha commesso alcun reato, visto che nel Paese del Sol Levante gli atti di discriminazione non vengono sanzionati legalmente.

Intanto, mentre si teme per il possibile contagio di una terza persona, un operaio dell’albergo dove soggiornava la coppia di Hong Kong risultata positiva ai test, oggi pomeriggio in prefettura a Roma ci sarà una riunione per fare il punto sulla situazione, con la sindaca, Virginia Raggi, e il presidente della Regione, Nicola Zingaretti. Proprio da via della Pisana è stata diffusa in mattinata una nota dell’assessorato alla Sanità in cui si invita alla calma e ad evitare forme di “allarmismo”.

Dello stesso tenore l'appello arrivato dalla prima cittadina che nel pomeriggio è intervenuta sulla vicenda.

"Assolutamente ingiustificato il cartello comparso in un bar vicino Fontana di Trevi che vieta l'ingresso alle persone provenienti dalla Cina", ha commentato, raccomandando ai cittadini di ascoltare "solo indicazioni e pareri delle autorità sanitarie".

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