"Dicevano che il piede era freddo per gli spifferi": il racconto dell'uomo rimasto senza gamba

Nel 2015 un uomo era entrato in ospedale a Roma per la frattura del femore ma i medici non si erano accorti che il piede era in cancrena

"Dicevano che il piede era freddo per gli spifferi": il racconto dell'uomo rimasto senza gamba

I medici gli avevano detto che aveva il piede freddo per colpa degli spifferi che entravano dalla finestra, invece la sua gamba destra stava andando in cancrena. Eugenio Vatta è stato quindi costretto a sottoporsi a un intervento chirurgico in cui gli è stata amputa la gamba. Adesso sono a processo i 9 camici bianchi accusati di lesioni personali gravissime che non si erano resi conto dell’aggravarsi del suo quadro clinico. L’11 aprile del 2015 l’uomo, appassionato di ciclismo, era entrato nell’ospedale Sant’Eugenio di Roma dopo essersi fratturato il femore cadendo dalla sua bicicletta. Si trovava infatti fermo al semaforo in zona Eur in sella alla sua mountain-bike quando ha perso l’equilibrio ed è caduto sbattendo l’anca contro un tombino, rompendosi il collo del femore.

Considerato come un rompiscatole

Il 15 aprile era entrato in sala operatoria per essere sottoposto a un normale intervento di routine, ma nei giorni seguenti aveva iniziato a stare male, aveva difficoltà a respirare e continui giramenti di testa. Dopo una tac viene diagnosticata una piccola lesione al fegato di cui non sapeva nulla. Dopo la tac i medici lo avevano anche preso in giro e scherzando gli avevano detto di avergli “fatto il tagliando gratis”. Con il passare dei giorni il piede diventa sempre più dolorante e nessuno sembrava voler controllare la situazione. Durante l’udienza in tribunale dello scorso 25 maggio l’uomo ha raccontato al giudice: “Ero considerato come un rompiscatole, un esagerato”. Era poi arrivato un ortopedico che l’aveva liquidato asserendo che il dolore era dovuto all’ematoma che stava calando. Altri esami clinici rilevano una alterazione dei valori di coagulazione e una riduzione delle piastrine. Il piede inizia a diventare più scuro.

Per i medici stava bene e poteva tornare a casa

Lucia, la moglie del paziente, cerca di parlare con il medico che ha operato il marito ma questo, lastra alla mano, le dice di aver fatto ciò che doveva fare. Come riportato da Il Messaggero, la donna si sarebbe recata a quel punto da una dottoressa del Sant'Eugenio sua amica, che avrebbe però urlato spazientita:“Ancora con questo piede!”. Dopo che il quadro clinico del paziente è andato aggravandosi, il 26 aprile l’uomo viene portato in chirurgia d’urgenza. I tre medici, secondo quanto raccontato da Vatta in aula, gli avrebbero detto che per loro stava bene e che poteva tornare a casa. “Mi hanno detto che doveva cambiare dieta: gli porti delle noci”, ha testimoniato la signora Lucia. Il 28 aprile la consorte parla finalmente con un chirurgo vascolare che si reca a visitare il marito. Il professionista la informa che ci sarebbero voluti due interventi di rivascolarizzazione per cercare di salvare il piede e la gamba. Purtroppo però il 2 maggio Vatta esce dal Sant' Eugenio e in un’altra struttura ospedaliera viene sottoposto all'amputazione della gamba destra e ha uno choc settico. Sviluppa in seguito il morbo di Addison, una patologia invalidante che non permette alle ghiandole surrenali di fare il loro lavoro.

A vita dovrà quindi fare una cura di cortisone. “Ho sognato il suicidio e la mia morte, ero sicuro di non farcela”, ha confessato in tribunale. Il prossimo 5 dicembre sarà la volta dei medici imputati.

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