Le mani dei boss sul litorale, legami con la politica

Sarebbero 12 i politici locali coinvolti. La ‘ndrangheta pensava agli appalti maggiormente strategici, come il parcheggio di piazzale Berlinguer

Le mani dei boss sul litorale, legami con la politica

Le mani dei boss della ‘ndrangheta sul litorale romano hanno portato a una vera e propria colonizzazione del territorio, raggiunta anche attraverso l'infiltrazione delle amministrazioni locali con l’intento di controllare anche il ricco business dello smaltimento dei rifiuti. Nella giornata di ieri, giovedì 17 febbraio, la maxindagine della Dda di Roma ha portato all'arresto di 65 persone accusate anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Sarebbero emersi due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle 'ndrine di Santa Cristina d'Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro.

Elezioni politiche pilotate dai boss

Come riportato dal Corriere, il boss Davide Perronace, ben conscio del fatto che le elezioni politiche del 2018 erano state pilotate dai suoi referenti, la famiglia Gallace dell'omonima cosca calabra, aveva detto chiaramente: “Compare da oggi mi prendo il patrimonio, le scuole, e quello a occhi chiusi me li dà a me. Ma mo gli do' in c...perché il patrimonio lo faccio io e le scuole le faccio io”. In poche parole quindi Giuseppe Ranucci, assessore ai lavori pubblici di Anzio sarebbe stato disponibile a favorire il boss nell'aggiudicazione di alcuni appalti particolarmente strategici. Come abbiamo detto sono stati 65 gli arresti lungo il litorale laziale effettuati durante una vasta operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, coordinati dalla Direzione Distrettuale antimafia, che hanno eseguito una ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della DDA.

Secondo quanto emerso il boss Vincenzo Italiano era interessato ai lavori di un nuovo parcheggio in piazzale Berlinguer: “Er parcheggione so' 6-700mila euro...ma pure che 100mila te le metti in tasca...”. Il boss anticipava la possibilità che ai lavori per quel parcheggio potessero essere interessati altri gruppi criminali. “Se volete magna' solo voi se annamo a scroscià... glielo dimo papale papale”, concludeva. Per aggiudicarselo poteva contare su una grossa quantità di armi. Secondo i pubblici ministeri Fini, Minisci e Musarò, coordinati dagli aggiunti Calò e Prestipino, il boss aveva dalla sua parte l'appoggio di alcuni politici e consiglieri eletti proprio grazie al clan dei Gallace.

Le intercettazioni

Da quanto emerge dall'ordinanza del gip Livio Sabatini sarebbero circa dodici i politici coinvolti. Nell’ordinanza vengono ricostruite le preferenze espresse nella località Falasche, tutte che possono essere riconducibili a infiltrazioni mafiose:“In particolare a favore dei candidati consiglieri per la lista Candido De Angelis, Danilo Fontana, Aristodemo Lauri; Giuseppina Piccolo e Cinzia Galasso per la lista Lega Salvini; Roberto Camilli, Laura Nolfi e Giuseppe Ranucci per la lista Forza Italia; Valentina Salsedo, Gianluca Mazzi, Flavio Vasoli e Matteo Silani per la lista De Angelis”. Le intercettazioni rivelerebbero infatti che i boss volevano pilotare le elezioni amministrative.

In una di queste intercettazioni Pasquale Perronace, il fratello non indagato di Davide, asseriva di essere in cerca di qualche voto. Gli imprenditori organici al clan potevano ragionare di appalti grazie a un consiglio comunale infiltrato. Proprio su questo dovrebbero esserci a breve delle decisioni, come ha annunciato la Prefettura, che potrebbero anche portare a uno scioglimento per mafia. Un fidato di Perronace, Giovanni Falchi, si occupava di creare un gruppo di imprese amiche pronte per aggiudicarsi le gare. L’imprenditore aveva urlato riferendosi al sindaco Candido De Angelis:“Candido non me deve rompe' il c...”. Aveva poi aggiunto che il primo cittadino, qualora si fosse opposto, avrebbe visto svanire la sua maggioranza, che era sorretta da consiglieri eletti grazie al supporto delle 'ndrine.

Più volte De Angelis ha respinto le accuse di infiltrazioni mafiose nella sua amministrazione. Anche due carabinieri avrebbero appoggiato la ‘ndrangheta: Elio Rillo e Carmine Dell'Unto, che sono stati arrestati dai loro colleghi dopo che avevano rivelato particolari delle indagini.

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