"Viviamo in mezzo ai lupi". La Capitale degli invisibili

Secondo l'ultimo rapporto della Caritas sono oltre 7.700 le persone senza fissa dimora che vivono nella Capitale. E il numero di poveri estremi rischia di aumentare con l'esodo di profughi dall'Ucraina

"Viviamo in mezzo ai lupi". La Capitale degli invisibili

"Io non dormo mai. Per vivere in strada devi avere gli occhi sempre aperti, altrimenti ci sono i lupi che ti prendono". Usa questa metafora Gianni, clochard bosniaco accampato nei pressi del parco archeologico di Colle Oppio, per descrivere la vita all’addiaccio. Una vita scandita dalla diffidenza e da una costante sensazione di pericolo. È così anche per uno come lui, nonostante la parlantina sciolta con cui intrattiene il capannello di senzatetto che gravita dal suo accampamento. È una specie di catalizzatore. Il suo riparo è un porto di mare, ha trovato il modo di sbancare il lunario improvvisandosi barista di strada. "Faccio il caffè, a soli 30 centesimi, faccio concorrenza alla Caritas", ironizza mentre armeggia con un fornello da campeggio e una vecchia caffettiera.

Si tiene impegnato e questo gli consente di avere sempre qualche moneta in tasca ma, soprattutto, di non scivolare nell’apatia. "C’è chi si rifugia nell’alcol e allora non puoi mai sapere come va a finire, alcuni si annientano, altri – dice – diventano violenti. La strada è una giungla". Lo sa bene la signora Carmen, che abita a due passi dalla stazione Termini e, qualche mese fa, è stata aggredita da un giovane africano. "Ho passato un periodo in campagna – racconta – per smaltire la paura, oggi va un po’ meglio ma ho preso l’abitudine di guardarmi costantemente le spalle e quando vedo qualcuno che barcolla cambio marciapiede". Quel pomeriggio, lei, si sentiva sicura. Chi non lo sarebbe arrivato a due passi dall’uscio di casa? A quell’uomo avvolto in una coperta e in apparente stato di incoscienza non aveva neppure fatto caso. Poi in un baleno se l’è ritrovato addosso. L’ha colpita con un pugno, scaraventandola a terra. Otto giorni di prognosi. Scoprirà solo in seguito che l’aggressore è una vecchia conoscenza del quartiere.

"Aveva problemi psichici, viveva in strada, rovistava nella spazzatura e aveva già avuto comportamenti violenti. Noi residenti – spiega la donna – guardiamo con grande dolore alla condizione di queste persone, ma non siamo né psichiatri né poliziotti, non possiamo affrontare una cosa del genere da soli. Ci vuole una risposta da parte delle istituzioni". Si sente disarmato anche chi vive a piazza Vittorio. "Qui siamo circondati", conferma Mauro Draoli, residente e attivista dell’Esquilino. "Ci sono persone che bevono anche otto litri di vino al giorno. Difficile dire se finiscono in strada perché bevono o viceversa, sicuramente – spiega – quello che abbiamo notato è che in strada le condizioni di alcolismo peggiorano". E allora la convivenza diventa sempre più difficile. Proprio da questo rione, lo scorso anno è partita una diffida alle istituzioni per ottenere il ripristino di un minimo di decoro e sicurezza sotto i portici umbertini. Il risultato? L’esercito dei senza casa che prima li popolava si è disperso nelle vie limitrofe.

Il signor Draoli chiede soluzioni, non palliativi. "Si ha la sensazione che manchi un approccio integrato nel trattare queste persone, non ci si può limitare a portagli una coperta e un pasto caldo, vanno tolte dalle strada", afferma. E non è facile. A spiegarcelo è Roberto Radicchi, fondatore di Binario 95. Non a caso, in gergo tecnico, queste persone vengono definite "hard to reach". Difficili da raggiungere, e anche da censire. Secondo l'ultimo rapporto della Caritas sarebbero più di 7.700 i senzatetto che popolano le vie di Roma. Ma sul fenomeno, spiega Radicchi, c’è tanta letteratura e pochi numeri: "Con il nostro osservatorio cittadino sulle marginalità abbiamo rilevato che a Roma circa 20mila persone ogni anno si rivolgono alla sala operativa sociale di Roma Capitale. Il 75 per cento sono migranti economici o per ragioni di guerra che chiedono protezione ma che il nostro sistema non riesce subito a prendere in carico".

Quali soluzioni? "Servono più posti per l'accoglienza di primo livello, e per quella di secondo livello case: noi del terzo settore non siamo immobiliaristi, Roma Capitale dovrebbe creare un’immobiliare sociale e permettere alle organizzazioni di partecipare ai bandi". Una sfida per le istituzioni anche alla luce della crisi ucraina. "Al numero verde sono arrivate 12mila chiamate di aiuto in poche settimane.

C’è stata una grande risposta e sono già state offerte migliaia di soluzioni di accoglienza temporanee in hotel, adesso - avverte - dobbiamo strutturare percorsi per far sì che queste persone non si riducano in povertà estrema".

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