La ‘ndrangheta allunga le mani sulla Capitale entrando nell’economia legale, fatta di tante attività commerciali tra cui pasticcerie e panifici, ma anche altri locali. A indagini concluse sono state arrestate 26 persone, 24 in carcere e due ai domiciliari. Alla base c’erano patti mafiosi per garantire accordi imprenditoriali con l'obiettivo di"infiltrare l'economia di Roma" dietro la regia di Vincenzo Alvaro, la mente commerciale che comandava la "locale" della 'ndrangheta attiva da anni nella Città Eterna. Oggi c'è stato il secondo atto della maxindagine della Dda, dopo i primi arresti di maggio, sul gruppo criminale che ha "esportato" il sistema affaristico-mafioso tra le strade della Capitale mettendo le mani non solo su attività commerciali, ma anche su altri business. In totale sono 26 le misure cautelari emesse dal giudice per le indagini preliminari di Roma in una operazione della Dia, la Direzione investigativa antimafia.
Il via libera dalla Calabria
Secondo quanto emerso dalle indagini, il clan era riuscito a ottenere dalla "casa madre" in Calabria il via libera a operare con i metodi tipici delle cosche. A capo della struttura, oltre Alvaro, anche Antonio Carzio. I due boss sono legati alle famiglie di Cosoleto, centro in provincia di Reggio Calabria. L'operazione coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calo inoltre ha portato anche al sequestro di 25 società per un ammontare di circa 100 milioni di euro. Nei confronti degli indagati i pubblici ministeri contestano, tra gli altri reati, l'associazione mafiosa, il sequestro di persona e la fittizia intestazione di beni. Ed è proprio sui prestanome che il sodalizio 'ndranghetista ha creato il suo impero che intendeva gestire i settori della panificazione, il mercato ittico, le pasticcerie e il ritiro pelli. Ma non solo, le mani del clan erano riuscite ad arrivare anche al business della ristorazione e dei bar.
Le indicazioni del capi
All’interno di una intercettazione citata nell'ordinanza del gip, il boss Alvaro detta le regole per la gestione delle società. "Bisogna trovare un polacco, un rumeno, uno zingaro a cui regalare 500/1000 euro a cui intestare sia le quote sociali e le cose e le mura della società", spiega il boss che continua poi:"tutte queste cose che dicono e ti attaccano sono tutte minchiate…io ho fatto un fallimento di un miliardo e mezzo e ho la bancarotta fraudolenta…mi hanno dato tipo l'art. 7 e poi mi hanno arrestato...mi hanno condannato...e ancora devo fare l'appello...vedi tu...è andato in prescrizione…le prescrizioni vanno al doppio delle cose…". Praticamente, il gruppo non operava in una sola zona della Capitale ma era riuscito a infiltrarsi in vari settori, come appunto quello della ristorazione. Bar, supermercati, mercati all'ingrosso, ristoranti ma anche ritiro pelli e gestione degli olii usati: la 'locale’ era dappertutto e poteva contare anche sull'omertà delle vittime.
Arrestata anche la figlia del boss
Per riscuotere i crediti la cosca aveva 'appaltato' l'attività a gruppi locali, come per esempio la famiglia Fasciani: esattori per conto terzi. Tra le persone arrestate risulta esserci anche la figlia di Alvaro, Carmela. Nei confronti di quest'ultima è contestato anche un episodio di sequestro di persona e di minacce. La donna in questione è accusata di avere tenuto segregato un uomo "per circa quindici minuti all'interno di un negozio di via Eurialo, in zona Tuscolano, abbassando la saracinesca". In un altro caso ha aggredito una persona che era stata nominata dall'amministratore giudiziario affermando: "non devi toccare i miei soldi, sei un infame, servo dello Stato…" e ancora "e allo Stato infame non lascio niente, brucio tutto".
"Grazie al Centro Operativo della Dia e alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma per aver colpito al cuore gli affari illeciti della 'ndrangheta a Roma. Se con l'inchiesta Propaggine del maggio scorso è stata scoperta la prima locale di 'ndrangheta che agiva con l'autorizzazione del vertice calabrese, con l'operazione di questa mattina viene alla luce in maniera limpida la capacità imprenditoriale della locale al cui vertice siedono i boss Vincenzo Alvaro e Domenico Carzo", ha dichiarato in una nota Gianpiero Cioffredi, presidente dell'Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, commentando il blitz antimafia avvenuto questa mattina a Roma contro la 'Ndrangheta.
Tanti i settori interessati
Cioffredi ha poi continuato: "Quello che emerge è un vasto ed inquietante sistema di inquinamento del tessuto economico ed imprenditoriale romano, mediante l'intestazione fittizia di valori, per cui controllare aziende, ditte individuali e società, nei settori della panificazione all'ingrosso e al dettaglio, produzione e distribuzione di gastronomia, bar, ristoranti, tabaccherie, sale giochi, centri autorizzati di ricariche carte del tipo Poste pay, vendita di tagliandi dei giochi del Lotto e delle scommesse controllati dall'Agenzia dei monopoli di Stato, per poi allargarsi alla vendita e noleggio di auto, vendita dì pezzi di ricambio usati di autovetture”.
Cioffredi ha tenuto a sottolineare che è inoltre significativa la forza e la capacità dì intimidazione e di infiltrazione nel territorio romano senza bisogno di esteriorizzare l'uso della violenza perché bastava manifestarsi come propaggine del vertice calabrese della 'ndrangheta.
"Questa ennesima inchiesta pone interrogativi a tutte le istituzioni di Roma, alle associazioni dell'impresa, agli ordini professionali, alle forze sociali, affinché insieme condividano al più presto un'agenda comune nel contrasto alle robuste infiltrazioni mafiose nell'economia della capitale. Il contrasto alle mafie non può essere delegato all'azione della Magistratura e delle Forze di Polizia a cui va tutta la nostra gratitudine", ha infine concluso.Segui già la pagina di Roma de ilGiornale.it?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.