"Mattia corri, sta succedendo il finimondo". Un messaggio telegrafico, ricevuto dal padre attorno a mezzogiorno, e poi un sguardo rapido ai gruppi Facebook dedicati al quartiere. Tanto è bastato a Mattia, 31 anni, per mandare a monte i programmi del weekend ed unirsi alla protesta.
Lui è uno di quei residenti che ieri hanno presidiato fino a tarda ora l'ex call center di Tor Tre Teste. Sul tetto dell'edificio all'angolo tra via dei Berio e via Davide Campari ci sono otto migranti, accovacciati lungo il cornicione. Non c'è verso di farli ragionare. Minacciano di fare una sciocchezza se non verranno ascoltati. Il loro è un ricatto: rimarranno lì finché qualcuno non gli darà un alloggio popolare.
"Siamo rimasti con il fiato sospeso per tutta la giornata, sinceramente temevo che non li avrebbero fatti sloggiare", dice oggi con una punta di soddisfazione. "Si sa come vanno a finire le cose a Roma", aggiunge. E invece, sulla periferia orientale della Capitale è tornata la calma dopo una giornata decisamente rocambolesca. Sono le undici. Un elicottero della polizia di Stato volteggia insistentemente sul quartiere.
La gente è tutta casa. Si allarma. Si affaccia. Qualcuno scatta le prime fotografie e le posta sui social network: "Sono sul tetto dell'ex call center, vogliono occuparlo". Il quartiere è militarizzato. "Non ho mai visto un simile dispiegamento di forze dell'ordine", ricorda Mattia. È una scena surreale. Verso le sette di sera la folla dei residenti inizia a rumoreggiare. "Eravamo sfiniti dall'attesa, non riuscivamo a capacitarci di come fosse possibile che dopo tutto quel tempo ancora non li avessero fatti scendere", spiega il giovane.
Qualcuno si mette in testa di entrare nell'edificio e fare da sé. Il tentativo viene scoraggiato dagli agenti in tenuta antisommossa che cinturano il palazzo. Si sfiora la collisione, eppure nessuno sembra accorgersi di quello che sta accadendo laggiù. "Il sindaco di Roma dove era? Da lei ancora oggi neppure una parola di condanna per quello che è successo, è una vergogna", denuncia Mattia.
Mentre la periferia est della Capitale prendeva fuoco, Virginia Raggi condivideva post sul potenziamento delle rete semaforica della città. E ancora sull'inaugurazione del parco dedicato alle "Vittime del Razzismo" e sulla stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma. "Quando c'è da dare addosso alle occupazioni che non le stanno simpatiche - osserva ancora il nostro interlocutore - è la prima a strillare allo sgombero".
Solo il leader della Lega Matteo Salvini sembra aver compreso la gravità della situazione. "Emergenza in corso a Roma", scrive sulla sua pagina Facebook a corredo degli scatti che mostrano gli stranieri asserragliati sul tetto. "Residenti allarmati in strada, forze dell'ordine, vigili del fuoco e persino un elicottero, non vogliono scendere, ecco il loro ricatto: pretendono subito l'assegnazione di una casa popolare", si legge ancora nel post.
Sono le otto di sera. Solo attorno a mezzanotte, dopo dodici ore di stallo, arriva la svolta. L'edificio viene sgomberato e la gente in strada si lascia andare ad un'esultanza senza freni. "È stato liberatorio, avevamo accumulato tanta rabbia, rabbia nel vedere che in questa città si va avanti solo con la prepotenza", ragiona Mattia.
"Anche io avrei bisogno di una casa, sono anni che mi sbatto come security nei centri commerciali e ancora vivo con i miei genitori, e mi domando: perché chi non rispetta le regole dovrebbe avere una corsia preferenziale?".
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