Roma, nuova protesta anti-rom a Casalotti: "Non siamo cittadini di serie B"

L'onda lunga delle proteste anti-rom arriva anche a Casalotti con centinaia di residenti che scendono in strada assieme a CasaPound al grido di "Prima gli italiani"

Roma, nuova protesta anti-rom a Casalotti: "Non siamo cittadini di serie B"

Casalotti mette le mani avanti e dice “no al possibile arrivo dei rom di Torre Maura”. L’onda lunga delle proteste che hanno infiammato la Capitale è arrivata fino all’estrema periferia nord dove da qualche giorno alleggia un sospetto: “Saremo ancora noi a dover pagare il conto dell’accoglienza?”. La paura è montata quando alcune indiscrezioni giornalistiche hanno indicato il centro per rifugiati Acisel di via Verzuolo come destinazione sicura per alcune delle famiglie sloggiate dall’ex Sprar di via dei Codirossoni. Un rumor che è passato di bocca in bocca e di social in social ed ha portato alla mobilitazione di ieri. A dissuadere i residenti non è servita neppure la smentita del presidente della commissione Politiche Sociali del XIII Municipio, Sergio Pazzelli, che dal suo profilo Facebook aveva assicurato: “Nel centro di Casalotti non arriverà nessun rom”.

“Non ci fidiamo, anche a Torre Maura il Municipio era all’oscuro dell’arrivo dei rom perchè il Comune non lo aveva informato”, dicono in coro Rosalba e Roberta. Le incontriamo mentre percorrono a passo svelto via di Casalotti per raggiungere la piazza. Entrambe residenti, entrambe arrabbiate. “Noi qui i rom non li vogliamo, vogliamo vivere tranquilli”, dice Roberta. La paura principale qual è? “È che vengano qua per rubare, sono rom e noi abbiamo paura”, risponde Rosalba. Ad attendere le due donne in piazza c’è Dorotea che la pensa allo stesso modo: “Delinquono e vivono sulle spalle degli altri ed io sinceramente sono un po’ stufa”.

Il motto della manifestazione è “prima gli italiani”. È lo slogan di CasaPound, protagonista discreta dell’ennesima protesta. Stavolta, infatti, i militanti di via Napoleone III hanno deciso di riporre nel cassetto simboli politici e vessilli. Ci sono solo i tricolori perché, dicono, “questa è una rivolta di popolo”. C’è voglia di riscatto, c’è bisogno di ricordare al mondo “che non siamo la discarica di questa amministrazione”. Sono queste le parole che usa Massimo per descrivere il suo stato d’animo. “Siamo stanchi – dice – di essere cittadini di serie B, qui ci sono già abbastanza problemi”.

Il primo è la presenza del centro Enea di via di Boccea che ospita un centinaio di migranti dell’Africa subsahariana. “Da quando sono arrivati loro il quartiere si è trasformato in un suk”, spiega la signora Maria, che ha un negozio di casalinghi a due passi da via Verzuolo e rimpiange la dimensione familiare che aveva la zona fino a qualche anno fa. “Ci sono troppi stranieri – esclama esasperata – basta”. Ma i guai di questa borgata non finiscono qui. “Ci sono anche due campi nomadi, quello della Monachina e quello di Monte Mario, e numerosi insediamenti abusivi, è normale che i cittadini si ribellino all’idea che ne possano arrivare altri”, aggiunge Simone Montagna, esponente locale di CasaPound.

“Capisco che la Raggi deve trovare un posto per questi signori ma che non li metta sempre in periferia, li metta al centro di Roma così facciamo un po’ per uno”. È il commento sarcastico di una residente che il Cinquestelle l’ha pure votato con una convinzione che oggi vacilla. “Se mettono i nomadi a Casalotti, però, non li voto più”, assicura.

Per Daniele Giannini, consigliere regionale della Lega, in realtà, “il rischio che arrivino i nomadi è scongiurato, ma questo è semplicemente un punto di partenza perché la loro dislocazione nelle periferie romane non deve più essere portata avanti, né qui né altrove”.

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