Quattro assoluzioni e due condanne a quattro anni di carcere: è finito così, in primo grado, il processo ai sei vigili (un altro è morto nel corso del processo) accusati di aver rubato soldi ad alcuni spacciatori durante le perquisizioni, stendendo poi falsi verbali per intascarsi il denaro. Le accuse erano, a vario titolo, di peculato, falso ideologico e materiale, abuso d'ufficio (reato nel frattempo abolito). Il pm Elio Ramondini aveva chiesto condanne fino a nove anni e mezzo.
La sentenza è stata pronunciata giovedì dalla Quarta sezione penale, presieduta dal giudice Angela Scalise. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Tutto era partito da un servizio della Iene dell'ottobre 2020 in cui gli agenti dell'Unità contrasto stupefacenti perquisivano la casa di un presunto pusher. Il video aveva fatto molto scalpore e i vigili erano stati in alcuni casi sospesi e in altri trasferiti d'ufficio con compiti amministrativi e non più operativi, senza l'arma e con riduzione dello stipendio. Le due condanne a quattro anni sono arrivate per il reato di peculato. Ai due imputati sono state riconosciute le attenuanti generiche, gli sono stati confiscati 3.300 euro (la somma che avrebbero intascato illecitamente) e sono stati condannati anche a risarcire in solido il Comune, costituito parte civile nel processo, con 12mila euro. Per loro inoltre l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. I giudici hanno assolto invece con formula piena gli altri imputati, «al termine di un procedimento lungo e sofferto», spiegano i difensori. Tra i legali degli assolti ci sono gli avvocati Gabriele Maria Vitiello, Susanna Marangoni e Niccolò Vecchioni.
Nell'aprile del 2021 nell'inchiesta erano state anche emesse ordinanze di arresti domiciliari a carico di quattro degli agenti coinvolti. Tre erano gli episodi contestati nel procedimento e risalivano appunto all'ottobre del 2020. La polizia e la polizia locale, cui la Procura aveva affidato le indagini, avevano analizzato tutto il materiale a disposizione della produzione Mediaset e l'avevano sequestrato, insieme ai video di una delle persone che aveva denunciato i fatti alle Iene. Il presunto pusher aveva infatti piazzato alcune telecamere nella sala e nella camera da letto della sua abitazione in via Coppin, spiegavano gli atti, «per protezione».
Il gip di allora, Guido Salvini, aveva valorizzato l'episodio ripreso in video, mentre sugli altri due degli stessi giorni aveva sottolineato che si basavano «solo sulle fonti narrative», la cui attendibilità «può essere messa in discussione e che dovrebbero essere meglio verificate anche in contraddittorio in quanto si tratta di soggetti inseriti nel mondo dello spaccio».
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