Rutelli a caccia di soldi dalla Siae

Dal vicepremier diktat alla Società degli autori ed editori: una percentuale all’erario o non si approva il bilancio

Fabrizio Ravoni

da Roma

Francesco Rutelli all’offensiva. Il vice presidente del Consiglio e ministro per i Beni e le Attività culturali è a caccia di risorse e di poltrone. Per il momento, però, ogni suo tentativo si è risolto in un flop. Le risorse le vuole dalla Siae, la poltrona che vuol liberare è quella del Credito sportivo.
Con una lettera dell’11 ottobre scorso, Rutelli chiede alla Siae (la Società italiana degli autori ed editori) «di versare all’Erario una percentuale del proprio bilancio». In questo modo - spiega il presidente della Siae, Giorgio Assumma in una lettera del 26 ottobre - vengono sottratte «così agli associati considerevoli somme di loro esclusiva competenza».
Con la lettera dell’11 ottobre, però, Rutelli ed i suoi uffici non si limitano a chiedere il versamento «di una percentuale del bilancio all’Erario». Spiegano che se ciò non avviene, il ministero nega l’approvazione del bilancio della Siae. Insomma, o paghi o non ti approvo il bilancio. E se ad un ente pubblico economico (qual è la Siae) il ministero vigilante non approva il bilancio, si apre la strada del commissariamento.
In una lettera del 24 ottobre, il presidente della Siae scrive a mezzo governo: da Rutelli a Padoa-Schioppa; da Nicolais alla presidenza del Consiglio. In punta di penna fa osservare che la Siae non ha mai versato una lira allo Stato perché questo non è previsto da nessuna legge dello Stato. E tira in ballo sentenze del Tribunale di Roma, note del ministro dei Beni culturali, pareri dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, verbali del collegio dei revisori della Siae per dire che la Società «non è destinataria di alcun trasferimento a carico del bilancio dello Stato né di devoluzione di entrate statali». E per ribadire che «i ricavi occorrenti alla copertura dei costi di funzionamento dell’ente derivano dall’aggio sulle riscossioni dei diritti d’autore, dai proventi del proprio patrimonio, dall’impiego delle disponibilità finanziarie». L’unica partecipazione della Siae al bilancio pubblico (come dimostrato già nel 2002) dipende esclusivamente «dalla corresponsione delle relative imposte sul reddito».
Insomma, Rutelli non ha alcun diritto a chiedere alla Siae una «percentuale sul bilancio da versare all’Erario». Però, se a questo contributo non dovuto aggancia l’approvazione del bilancio, per la Società si apre la procedura di commissariamento per «squilibri di bilancio». Con il rischio di ripetere l’operazione di Cinecittà holding: prima commissariata, e poi nominate (come presidente ed amministratore delegato) due persone «in sintonia» con il ministro dei Beni culturali.
Insomma, il sospetto è che Rutelli abbia molte persone «in sintonia» con lui da collocare in posti chiave. Così da tentare di liberare poltrone attualmente occupate da altri.
Come nel caso del Credito sportivo. Il 26 luglio, Luigi Terzoli, presidente dell’Istituto, si vede recapitare una lettera firmata da Salvatore Nastasi, «direttore per lo spettacolo dal vivo e lo sport», su una carta con la doppia intestazione: ministero dei Beni culturali e ministero per le politiche giovanili e le attività sportive. Insomma, Nastasi scrive a nome di Francesco Rutelli e Giovanna Melandri.
Nella lettera si comunica «l’avvio del procedimento di revoca dell’incarico di Presidente dell’Istituto del Credito sportivo a Lei conferito». Non solo. «Nelle more della conclusione del procedimento, la S.V. si limiterà a svolgere esclusivamente attività di ordinaria amministrazione, previamente concordata con le autorità vigilanti».
Terzoli, ovviamente, resta dov’è. Aveva 60 giorni per liberare la scrivania; ma sta ancora al Credito sportivo.

E non che gli manchino incarichi: è presidente della Banca popolare di Intra; siede nel consiglio d’amministrazione di Fineco e di Fineco leasing; è nel Comitato di gestione della Compagnia San Paolo. Ma il suo contratto scade nel 2008. E intende rispettarlo.

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