La saga di Laxness sbarca in America

La protagonista di "La base atomica" di Halldór Laxness considera l'amore "un passatempo da gente repressa che vive in città, un surrogato della vita semplice"

La saga di Laxness sbarca in America

La protagonista di La base atomica di Halldór Laxness considera l'amore "un passatempo da gente repressa che vive in città, un surrogato della vita semplice". Ragazza incolta ma saggiamente realista, Ugla vive un momento storico importante per la sua Islanda, quello in cui il Paese, dopo la Seconda guerra mondiale, rischia di diventare, appunto, una base atomica controllata dagli Usa per futuri disastri. Ecco il motivo per cui Ugla non mette l'amore in cima ai suoi pensieri. Anche in Il paradiso ritrovato, romanzo di Laxness ora edito per la prima volta in italiano da Iperborea, c'è una ragazza ignorante e incredibilmente ingenua (a 16 anni non sa come nascono i bambini, e puntualmente un rozzo dongiovanni di mezza età, sorta di latifondista con agganci politici, gliene «mette in pancia» uno...), ma dotata di istintiva saggezza. Steina è figlia di una contadina buona come il pane ma suonata come una campana e di un ometto tutto casa e podere, Steinar Steinsson di Steinahlíðar, che tradotto sarebbe «Pietriguardo di Pietro dei Pietriclivi», perché la sua vita di piccolo Sisifo consiste nel rimettere a posto le pietre che ciclicamente rotolano sul suo terreno. È lui l'eroe di questo romanzo picaresco e nostalgico, grottesco e dolcissimo, ironico e violento del premio Nobel nell'anno di grazia (per le lettere islandesi) 1955.

Dal secondo dopoguerra, facciamo un bel salto a ritroso. Siamo nell'ultimo quarto del secolo precedente, e l'Islanda riceve la visita del padrone, ovvero del re Cristiano IX di Danimarca. In Italia diciamo che «l'occhio del padrone ingrassa il cavallo», ma il cavallo qui in oggetto, Nevischio, nato non si sa bene come da un'anziana giumenta ritenuta da tutti ancora vergine (si noti il parallelismo con quanto accadrà a Steina), non ha bisogno di occhi regali, per migliorare il proprio aspetto: è di suo una creatura stupenda e fiabesca che pare uscita da un'antica saga. Il cavallo appartiene al buon Steinar, il quale ne fa omaggio a re Cristiano. Il gesto, inconsulto secondo Steina e il suo fratellino, mette in moto la macchina narrativa, perché fa uscire la famiglia dall'atavico isolamento. Il filone danese, con il capofamiglia invitato a Copenaghen dal re, in vena di ricambiare il dono con un tour nella capitale, non è il più importante, pur contenendo il secondo elemento fabuloso del romanzo, una specie di Graal artigianale o di spada nella roccia poetica, cioè uno scrigno magico intagliato dal Nostro, quale secondo regalo da recare al sovrano e che si può aprire soltanto recitando una complicata canzone.

A spalancare a Steinar le porte del paradiso ritrovato del titolo è l'incontro con un macilento predicatore mormone, Þjóðrekur. Malmenato e legato a un palo fuori da una chiesa dai bravi e devoti fedeli che vedono in lui un demone tentatore, il «vescovo» fa amicizia con il suo salvatore e gli apre le porte del nuovo mondo che sta laggiù, a Salt Lake City, nello Utah. Per Steinar quella non è una terra promessa, ma un'ipotesi di vita alternativa che merita di essere valutata...

E se il sogno americano (che fra l'altro attrasse lo stesso Haldór Laxness quando tentò, sui trent'anni, l'avventura a Hollywood) è vissuto dall'emigrante quasi come una vacanza di lavoro, con i mattoni al posto delle pietre, il ricongiungimento con la famiglia, nipotino compreso, chiuderà il cerchio di un epico ritorno alle origini.

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