Non il Pd. Dall'infinità di nefandezze di cui è stato accusato Benito Mussolini, mancava l'impedire oggi, anno domini 2025, a presidenti di Regione e sindaci di potersi candidare a un terzo mandato. Imperdonabile lacuna a cui ha posto rimedio Giuseppe Sala, nell'ennesima intervista concessa al Corriere della Sera per (ri)annunciare la sua discesa in campo. Trasformandosi da amministratore in politico, questa volta a disposizione di un nuovo progetto a firma Pd o compagni limitrofi. Di qui l'ormai necessaria confessione di aver contratto la «scuratite», pericolosa malattia che contagia politici e pseudo intellettuali che, avendo poche idee, si esercitano nel piuttosto semplice sport di sbertucciare quelle, prima rese macchietta, del Ventennio. Una consapevolezza maturata da Sala leggendo «i quattro libri di Scurati su M», perché probabilmente leggere i 14 firmati da Renzo De Felice sarebbe stata impresa complicata, anche se di certo più produttiva. E comunque dello stesso De Felice circolano anche saggi più agili, ma ugualmente affidabili, al contrario delle caricature.
Come quella che ne fa Sala, dicendo che il veto alla riconferma di Vincenzo De Luca in Campania, Luca Zaia in Veneto e magari di lui stesso a Milano, avvengono per la «sensazione che il Paese sia ancora sotto il condizionamento del fascismo, con la paura di dare troppo potere a qualcuno». Peccato che tra Craxi, Berlusconi e oggi Meloni, ma anche Andreotti, Berlinguer e Napolitano, gli italiani abbiano dimostrato di non essere per nulla indifferenti proprio agli uomini (o alle donne) forti.
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