Salingaros a Roma: «Gli architetti italiani distruggono la storia»

Salingaros a Roma: «Gli architetti italiani distruggono la storia»

Giovedì durante un incontro alla Facoltà di architettura a Valle Giulia è stato contestato, ma non se l’è presa. «Una reazione normale, agli studenti le mie idee sono sembrate troppo rivoluzionarie», dice Nikos Salingaros a Roma per promuovere il suo ultimo libro «No alle archistar». Una raccolta di scritti col contributo tra l’altro dell’urbanista Léon Krier consulente del Principe Carlo d’Inghilterra, presentata all’Eur dalla Fondazione CE.S.A.R. e alla Camera dei Deputati dal deputato PdL Fabio Rampelli.
«Il pensiero di Salingaros rappresenta la fase di rottura dell’egemonia dell’archistar system», precisa l’onorevole Rampelli. «Non siamo contrari all’architettura contemporanea, ma vogliamo che ci sia spazio anche per l’architettura tradizionale e identitaria». E propone di «riqualificare le periferie degradate attraverso la creazione di centri storici dove sia promossa la socializzazione in piazze, cortili, viali, ville storiche e non anonime lande desolate», trasformando i quartieri dormitorio in luoghi in cui sia piacevole vivere. Senza occupare ulteriore spazio, restaurando, demolendo e ricostruendo con aumenti di volumetria, un sistema già usato in America e in tutta Europa con la Francia capofila. E annuncia la presentazione di un disegno di legge alla Camera. Anche per Salingaros «è possibile rimodellare le nostre vecchie città, ma applicando codici urbanistici precisi. E l’Italia è in grado di farlo».
Il libro di Salingaros, sottotitolo «Il manifesto contro le vanguardie» (Libreria Editrice Fiorentina), è una dichiarazione di guerra che mira a colpire al cuore l’architettura alla moda e i suoi pagatissimi guru, sostenuti dalla politica e dalla finanza. Architetti che, secondo Salingaros, matematico e urbanista di fama internazionale, «hanno prodotto un mondo di città invivibili e uguali». Contro i grattacieli, un concentrato di gente e di stress, contro le periferie dormitorio prive di tessuto urbano e per città a scala umana che garantiscano ambienti confortevoli. «Se un governo chiama un famoso architetto che il popolo non vuole - prosegue - la struttura democratica dovrebbe bloccarlo, ma non sempre la cosa funziona». E l’esempio dell’Ara Pacis di Meier viene subito alla mente.

Come può la Roma del terzo millennio coniugare la propria storia millenaria con la modernità? A chi si devono ispirare gli architetti per essere originali? «Anzitutto non copiare le archistar che non sono originali, ma adottare un linguaggio adatto al luogo», risponde. «Oggi sembra impossibile costruire una piazza per l’uomo perché i nostri architetti non sanno niente e distruggono le piazze storiche imponendo un linguaggio impoverito».

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