Ecco cosa succede ai batteri: resistono di più agli antibiotici

Al quesito ha cercato di rispondere uno studio condotto da un assistente professore di fisica della Carnegie Mellon University, pubblicato sulla rivista Nature Physics

Ecco cosa succede ai batteri: resistono di più agli antibiotici

I batteri sono microrganismi unicellulari piccolissimi e, pertanto, visibili solo attraverso un microscopio ottico. Comunemente presenti sulla pelle e sulle mucose, essi svolgono importanti funzioni metaboliche e immunitarie, per questo vengono chiamati commensali. Nel loro insieme costituiscono il cosiddetto microbiota. Altri, invece, definiti patogeni, possono essere aggressivi e danneggiare gli organi e i tessuti.

Una ricerca condotta da Shiladitya Banerjee, assistente professore di fisica della Carnegie Mellon University, e pubblicata su Nature Physics, ha cercato di comprendere meglio il fenomeno della resistenza agli antibiotici, constatando che alcuni tipi di batteri possono adattarsi all'esposizione a lungo termine degli stessi modificando la loro forma. L'adattamento è un processo biologico fondamentale che induce gli organismi a cambiare tratti e comportamenti per meglio adeguarsi all'ambiente che li circonda.

Se da una parte è vero che gli antibiotici hanno cambiato la qualità della vita, dall'altra è innegabile che molte specie di batteri sono state sempre più in grado di adattarsi per resistere a questi trattamenti farmacologici. Secondo i dati diffusi dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ogni anno in Europa si contano venticinquemila morti a causa dell'uso indiscriminato degli antibiotici e questi numeri potrebbero salire a dieci milioni nel 2050, qualora non si affrontasse immediatamente il problema.

Lo studio in questione si è concentrato sulla meccanica e la fisica alla base di vari processi cellulari. Insieme ai colleghi di Chicago, Banerjee ha cercato di capire come l'esposizione agli antibiotici influisce sulla crescita e sulla morfologia del batterio Caulobacter crescentus, un organismo modello spesso utilizzato. Secondo la scienziata, l'uso di esperimenti unicellulari e di modelli teorici dimostra che i cambiamenti nella forma delle cellule agiscono come una strategia di feedback per rendere i batteri più adattabili agli antibiotici sopravvissuti.

Dall'indagine è emerso che i batteri, quando sono esposti a dosi meno che letali dell'antibiotico cloramfenicolo per più generazioni, cambiano la loro forma in maniera radicale, diventando maggiormente larghi e curvi. In questo modo i microrganismi sono in grado di superare lo stress degli antibiotici e di riprendere la crescita rapida. Gli studiosi sono giunti a tale conclusione mediante lo sviluppo di un modello teorico che ha dimostrato come i cambiamenti fisici consentano ai batteri di raggiungere una curvatura più elevata e un rapporto superficie-volume inferiore. Ciò si traduce nell'incapacità delle particelle antibiotiche di passare attraverso le loro superfici cellulari mentre crescono.

«Questa intuizione è di grande importanza per la

salute umana - ha affermato Banerjee -e probabilmente stimolerà numerosi ulteriori studi molecolari sul ruolo della forma cellulare sulla crescita batterica e sulla resistenza agli antibiotici».

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