La malattia delle "salty girl". Cosa c'è dietro questo tatuaggio

Negli anni '50 si scoprì una delle caratteristiche peculiari della fibrosi cistica, ovvero il sudore salato

La malattia delle "salty girl". Cosa c'è dietro questo tatuaggio

I suoi occhi sorridono limpidi. Assomigliano a pozzi dai quali attingere tenacia e stupore, forza e sensibilità. Rachele Somaschini, classe 1994, è pilota di auto, campionessa italiana di rally e istruttrice di guida sicura al Centro Guida Sicura ACI di Varese. Recentemente la giovane donna ha pubblicato sul suo profilo Facebook la foto di uno dei suoi primi tatuaggi. "Salty girl" si legge, letteralmente "ragazza salata". Ha inciso sulla pelle la storia della sua malattia, Rachele, nata con la fibrosi cistica e a fianco della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica - Onlus con l'iniziativa #CorrerePerUnRespiro, in collaborazione con la Delegazione di Milano. Tra un gara e l'altra (ora sta disputando il Campionato Europeo) la pilota si batte per diffondere la conoscenza e raccogliere fondi da destinare alla ricerca sulla patologia genetica più diffusa nel nostro Paese, un disturbo che colpisce circa 1 individuo su 2.500.

Un antico proverbio tedesco del diciasettesimo secolo così recitava:"Morirà presto il bambino la cui fronte sa di sale se baciata". Durante le cerimonie nell'Europa del Nord si soleva infatti leccare la fronte dei neonati e dei bimbi. Se veniva percepito un sapore salato, il piccolo era considerato stregato e destinato così a precoce dipartita. In maniera del tutto profana si erà già anticipato quanto la medicina avrebbe poi scoperto negli anni '50, ovvero la caratteristica del sudore salato avvertita dalle madri quando baciavano i figli affetti da fibrosi cistica. Una particolarità, questa, che farà chiamare il disturbo "la malattia del bacio salato" e che deriva da un'anomalia dello scambio di sodio e di cloro. Non a caso la diagnosi si basa sul cosiddetto "test del sudore", un esame della durata di circa cinque minuti, non doloroso. Si può, tuttavia, avvertire una lieve sensazione di prurito con comparsa di eritema.

La fibrosi cistica è nota per i suoi effetti deleteri sull'apparato respiratorio, ma anche su quello digerente e riproduttivo. In chi ne soffre le vie respiratorie vengono intasate da un muco denso e viscoso, difficile da eliminare anche con la tosse più energica. La respirazione si fa difficile e, se non vengono praticati continui sforzi per mantenere pulite le vie aeree, i pazienti rischiano di morire a causa della loro stessa secrezione o per quella che è una delle conseguenze più temibili: la polmonite. Una vita non facile e Rachele lo sa perfettamente. "Ho una routine pesante da portare avanti ogni giorno: mi sveglio, faccio la fisioterapia respiratoria, colazione, pastiglie e antibiotici. Poi continuo con la vita di tutti i giorni, quando sto bene". Tutto questo grazie all'aiuto prezioso della sua famiglia, ai sogni, alle ambizioni che le hanno donato respiri profondi sin da quando era bambina e, al posto delle Barbie, era affascinata dalle macchinine. Una passione, quella per i motori, trasmessale dal padre anch'egli pilota e concretizzatasi quando, qualche mese dopo aver compiuto 18 anni, ha gareggiato per la prima volta in coppia con il genitore a bordo di una vettura storica.

La fibrosi cistica è una malattia cronica progressiva per la quale, purtroppo, non esiste ancora una cura. Le finalità del trattamento consistono nel prevenire e controllare le infezioni polmonari e l'eventuale blocco intestinale, allentare e rimuovere il muco dai polmoni, fornire un'adeguata nutrizione. Alla fisioterapia respiratoria e alla riabilitazione polmonare, si associa la somministrazione di farmaci antibiotici, antimicotici, mucolitici e broncodilatatori. Rachele, che nel tempo ha imparato a gestirsi sempre meglio e a capire cosa fosse giusto fare o non fare per la sua salute, è una "salty girl" combattiva e determinata. Si è posta degli obiettivi precisi, come quello di giungere a mete sempre più alte con la sua attività di pilota e di proseguire con il lavoro di istruttore di guida. Ma crede e affianca la ricerca nella sua lotta.

Perché la speranza per lei e per tutti i malati è che presto arrivi il farmaco salvavita. "Per assaporare l'esistenza con un po' più di spensieratezza. Quella che non ho mai avuto e che mi permetterebbe di guardare al futuro con serenità, anche dal punto di vista famigliare".

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