Hiv, prima donna al mondo guarisce grazie al cordone ombelicale

È guarita dall'Hiv la prima donna al mondo: il metodo innovativo con cui è stata curata può aprire una nuova fase nella lotta all'Aids. Ecco qual è stata la terapia vincente

Hiv, prima donna al mondo guarisce grazie al cordone ombelicale

È la prima donna al mondo ad essere guarita dal maledetto Aids, dall'Hiv, e la terza in assoluto da quando esiste questa terribile malattia. La notizia è stata data durante una conferenza medica a Denver, in Colorado, dal titolo "I retrovirus e le infezioni opportunistiche".

La terapia che ha guarito dall'Hiv

Il team della Weill Cornell Medical Center di New York City ha individuato nel sangue del cordone ombelicale di un neonato un'anomalia genetica che lo rendeva resistente al virus dell'Hiv e ha utilizzato le sue cellule per il trapianto. La malata, soprannominata "la paziente di New York", ha subìto l'intervento nel 2017 prendendo farmaci anti-rigetto e antivirali per ben 37 mesi (poco più di tre anni) dopo i quali ha sospeso ogni terapia. Oggi, 14 mesi dopo, non c'è traccia più alcuna traccia di Hiv nel suo sangue. Si tratta senza dubbio di una procedura rivoluzionaria data dal sangue dei cordoni ombelicali, molto più facilmente disponibile rispetto alle cellule staminali normalmente utilizzate per i trapianti di midollo spinale e per le quali è molto più difficile trovare una persona compatibile.

I due precedenti

In passato, come ricorda Il Messaggero, le uniche due persone, uomini, ufficialmente guariti dalla malattia, hanno ricevuto entrambi cellule staminali trapiantati da midollo osseo di donatori adulti con la mutazione genica resistente all'Aids. I due casi erano stati curati rispettivamente curati a Berlino e Londra: il primo paziente era stato trapianto nel 2008 vivendo bene fino al 2020 quando è deceduto a causa di una recidiva al cancro, il secondo si è sottoposto al trapianto guarendo dall'Hiv nel 2019 e dimostrando che, sia lui che il paziente di Berlino, hanno sconfitto la malattia grazie alle cellule staminali provenienti dal midollo di persone portatrici di una mutazione rara che protegge dal virus.

La differenza nei trapianti

In ogni caso, ancora oggi, questo metodo per provare a guarire dalla malattia è considerato molto rischioso come ha affermato la dottoressa Deborah Persaud, specialista in malattie infettive pediatriche presso la Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, a capo del comitato scientifico dietro il nuovo caso di studio. «Il metodo di trattamento con cellule staminali non è ancora una strategia fattibile per tutti», ha affermato. Il metodo innovativo e più sicuro con cui è stata curata la donna è stato descritto alla conferenza stampa annuale sui retrovirus e si è basato su due step: il primo è stato, come detto, il trapianto di sangue del cordone ombelicale con le cellule staminali; nel secondo c'è stato un innesto ancora più grande di cellule staminali adulte sostituite progressivamente dai globuli del cordone ombelicale.

«Il ruolo delle cellule del donatore adulto è quello di accelerare il processo di attecchimento precoce e rendere il trapianto più facile e sicuro», ha dichiarato uno dei ricercatori. In questo caso, il donatore aveva un'anomalia genetica che avrebbe guarito dall'Hiv.

«Stimiamo che ci siano circa 50 pazienti all’anno negli Stati Uniti che potrebbero trarre beneficio da questa procedura - ha affermato Koen van Besien, responsabile del programma di trapianto di cellule staminali - La possibilità di utilizzare innesti di sangue del cordone ombelicale parzialmente abbinati aumenta notevolmente la probabilità di trovare donatori adatti».

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