Si stima che in Italia ne siano colpiti 230mila individui. La prevalenza del disturbo è pari all'1-2% della popolazione sopra i 60 anni e al 3-5% della popolazione sopra gli 85 anni. L'età media della comparsa dei sintomi è intorno ai 60 anni, ma il 5% dei pazienti può presentare una forma di esordio precoce, ovvero prima dei 50 anni. Secondo studi epidemiologici condotti in Europa e negli Usa, ad esserne interessato è soprattutto il sesso maschile, con una frequenza superiore dell'1,5-2% rispetto alle donne. Dopo l'Alzheimer, il morbo di Parkinson è la malattia neurologica degenerativa più diffusa. Una delle sue caratteristiche peculiari è la progressiva e cronica degenerazione dei neuroni della sostanza nera. Quest'ultima, anatomicamente, appartiene alle strutture che, nel loro insieme, costituiscono i cosiddetti 'gangli della base'.
Il nome deriva dal fatto che tale sostanza appare più scura rispetto all'area cerebrale circostante, poiché la colorazione è legata alla presenza di un pigmento definito neuromelanina. Nel cervello di un soggetto affetto da morbo di Parkinson è stata riscontrata una minore colorazione brunastra delle suddette zone. Le cellule della sostanza nera producono la dopamina. Si tratta di un neurotrasmettitore fondamentale per l'attività motoria che, in seguito alla degenerazione dettata dalla patologia, risulta fortemente ridotto. Da un punto di vista anatomo-patologico, infine, un segno distintivo è rappresentato dai corpi di Lewi, ovvero inclusioni sferiche ialine tipiche, visibili nella sostanza nera. La malattia venne descritta per la prima volta nel 1817 da James Parkinson. Nel celebre trattato sulla 'paralisi agitante' il medico focalizzò l'attenzione sui tremori e sulla difficoltà di movimento che la caratterizzano.
Non sono ancora note le cause del morbo di Parkinson. Esistono, tuttavia, fattori di rischio in grado di favorirne la comparsa. Quello genetico consiste nella mutazione di alcuni geni importanti: alfa-sinucleina, parkina, PINK1, DJ-1, LRRK2 e la glucocerebrosidasi. Occhi puntati anche sull'esposizione a sostanze tossiche come idrocarburi-solventi e pesticidi. Paradossalmente il fumo di sigaretta sembrerebbe avere un ruolo protettivo. I sintomi principali includono: tremore a riposo, rigidità, bradicinesia (lentezza nei movimenti automatici) e, in fase avanzata, instabilità posturale. Le manifestazioni si presentano in maniera asimmetrica, un lato del corpo è infatti più interessato dell'altro. In quanto subdoli e incostanti, i segni clinici spesso non sono riconosciuti e vengono scambiati con quelli di altri disturbi.
La realtà virtuale favorisce la riabilitazione dei malati affetti da morbo di Parkinson, in quanto migliora la forza, la destrezza e il coordinamento delle gambe. Ad affermarlo uno studio dell'Universidad Rey Juan Carlos pubblicato sulla rivista 'Sensors'. Dalla ricerca è emerso l'effetto positivo di una serie di sessioni individuali di esercizi compiuti per 30 minuti, tre volte alla settimana, per sei settimane. Mediante l'uso di un particolare tipo di occhiali e di un sistema di controllo gestuale, ogni individuo ha allenato la padronanza degli arti superiori.
Tutto ciò grazie ad alcuni giochi progettati appositamente da bioingegneri. Senza alcun effetto negativo e con un alto livello di soddisfazione tra i pazienti, la realtà virtuale può davvero rivelarsi utile per la gestione della sintomatologia parkisoniana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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