Una scoperta importante per la lotta contro il Morbo di Parkinson: una coppia di molecole potrebbe frenare l’avanzare della malattia.
Lo studio dettagliato è stato condotto dalla Nanyang Technological University di Singapore in collaborazione con la Harvard University. La ricerca è stata pubblicata su Nature Chemical Biology. Il team di ricerca ha utilizzato dei topi per rilevare le molecole in grado di frenare efficacemente questa malattia.
Il morbo di Parkinson risulta essere il secondo disturbo neurodegenerativo più comune e diffuso tra la popolazione mondiale dopo il Morbo di Alzheimer. Le strutture coinvolte da questa malattia si trovano in aree profonde del cervello. Sono note come gangli della base. Il morbo infatti causa la morte dei neuroni dopaminergici con conseguente deprivazione della dopamina. Non è altro che il neurotrasmettitore che consente il controllo dei movimenti motori.
È una malattia che senza dubbio incide sulla qualità della vita dei pazienti e delle famiglie e dei caregiver. La fascia di età più colpita è quella tra i 68 anni per gli uomini, 70 invece per le donne. Esiste però una forma precoce che si manifesta già all’età di venti anni. I principali segni della malattia sono tremore a riposo, rigidità, bradicinesia e instabilità posturale. Nonostante la malattia coinvolga principalmente le funzioni che controllano la mobilità, spesso compromette anche le funzioni emozionali e psichiatriche. Da qui la frequente compresenza di problematiche quali depressione e demenza.
Le cause non sono ancora note. Sembra che vi siano molteplici elementi che concorrono al suo sviluppo. Questi fattori sono principalmente fattori tossici, esposizione lavorativa. Il rischio di malattia aumenta con l'esposizione a tossine quali alcuni pesticidi (per esempio il Paraquat) o idrocarburi-solventi (per esempio la trielina) e in alcune professioni (come quella di saldatore) che espongono i lavoratori a metalli pesanti (ferro, zinco, rame).
La coppia di molecole che darebbe una svolta alla comunità scientifica impegnata da tempo a studiare questo disturbo neurovegetativo è composta dalla prostaglandina E1 (Pge1) e dalla prostaglandina A1 (Pga1). Esse sono capaci di legarsi a una classe di proteine fondamentali per lo sviluppo e il mantenimento della dopamina nel cervello. Grazie a questa “coppia molecolare” i topi con il Parkinson hanno mostrato miglioramenti significativi nelle loro funzioni motorie.
Questo studio apre la strada per la creazione di nuovi ed innovativi farmaci. La scoperta potrebbe dare il via a una serie di altri studi finalizzati allo sviluppo di un nuovo trattamento mirante sempre a rallentare il decorso della malattia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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