Secondo recenti stime, nei Paesi Occidentali, intereserebbe il 2-3% di tutti i soggetti che manifestano i sintomi di un infarto. Nel 90% dei casi si tratta di donne di età compresa tra i 58 e i 75 anni. Nota anche con il nome di sindrome del cuore infranto, la sindrome di Takotsubo è una sofferenza, generalmente temporanea, del cuore che richiama la sintomatologia dell'infarto e che è scatenata da una situazione emotiva o stressante molto intensa. A descrivere il disturbo, nei primi anni '90 del Novecento, alcuni ricercatori originari del Giappone. 'Takotsubo', infatti, è una parola giapponese che fa riferimento a una specie di cestello usato dai pescatori per catturare i polpi. Come quest'ultimo, infatti, appare il ventricolo sinistro del paziente durante le indagini ecocardiografiche. La patologia è un esempio di cardiomiopatia non ischemica.
La causa precisa della sindrome di Takotsubo non è ancora nota, tuttavia, come già accennato, essa sembrerebbe essere l'esito di un evento particolarmente stressante o di una forte emozione. Situazioni del genere provocano un ingente rilascio di adrenalina e noradrenalina. Questa cascata ormonale, in individui predisposti, altera la funzione di pompa del sangue del ventricolo sinistro del cuore. È stato osservato che i principali triggers della cardiomiopatia da stress includono: morte di una persona cara, separazione o divorzio, diagnosi di una malattia grave, violenza domestica, perdita del lavoro. Ancora problemi finanziari, discorsi in pubblico, feste a sorpresa, stress fisici (attacchi d'asma, interventi di chirurgia maggiore, fratture ossee). Da non sottovalutare l'assunzione di alcuni farmaci (epinefrina, levotiroxina, duloxetina, venlafaxina) il cui effetto è quello di elevare i livelli di adrenalina e/o noradrenalina.
I sintomi della sindrome di Takotsubo, che possono comparire entro pochi minuti dall'evento stressante o dopo alcune ore, sono sovrapponibili a quelli di un infarto: dolore al petto acuto e improvviso, senso di svenimento, mancanza di respiro. A differenza dell'infarto, però, le arterie coronarie non presentano al loro interno ateromi che impediscono il flusso di sangue. In genere il disturbo è temporaneo e non causa ripercussioni a lungo termine. In alcune circostanze può, tuttavia, accadere che si trasformi in una condizione cardiaca grave e che dia luogo a complicazioni tra cui: ipotensione, edema polmonare, aritmie e addirittura arresto cardiaco. La comparsa improvvisa di segni clinici quali dolore al petto e dispnea deve indurre a chiedere un'assistenza medica immediata.
Alcuni ricercatori della Cleveland Clinic (Ohio) hanno voluto analizzare l'eventuale correlazione tra la sindrome di Takotsubo e il Coronavirus. I dati dello studio, quest'ultimo pubblicato sul Journal of American Medical Association, fanno riflettere. Gli scienziati hanno analizzato duemila pazienti ricoverati dal 2018 ad oggi nelle unità coronariche degli ospedali afferenti alla Cleveland Clinic e li hanno divisi in due categorie: i soggetti ricoverati nel periodo pre-Covid e quelli ammessi nel periodo Covid (marzo-aprile 2020). Tranne una maggiore presenza di ipertesi nel gruppo del periodo pre-Covid, non vi erano differenze significative, sia per quanto riguarda le patologie associate, sia per l'età.
Si è dunque registrata una media dell'1,5% di pazienti con sindrome da cuore infranto nel periodo pre-Covid e di circa l'8% nel periodo Covid. Due le ipotesi. La prima è che il Coronavirus agisce direttamente sui piccoli vasi, oltre che sulle cellule muscolari cardiache, provocandone uno spasmo generalizzato.
La seconda, la più probabile, suggerisce invece che l'origine della sindrome va ricercata nella paura di contrarre l'infezione e nella tensione causata dal cambiamento di vita (timore per il futuro, ansia per la salute dei propri cari, isolamento sociale, uso delle mascherine).
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