Sindrome del colon irritabile, con la pandemia aumentano i problemi

Circa il 30-35% degli individui ha sviluppato disturbi intestinali a causa del lockdown e delle sue conseguenze, tra cui ansia e depressione

Sindrome del colon irritabile, con la pandemia aumentano i problemi

Secondo recenti indagini statistiche sarebbe interessato il 15-20% della popolazione che vive nei cosiddetti 'Paesi sviluppati' e avrebbe un'incidenza annua pari all'1-2%, ovvero 2 nuovi casi ogni 100 individui. Ad esserne più colpite sono le donne, in particolare di età compresa tra i 20 e i 30 anni. Definita anche colite spastica, la sindrome del colon irritabile è un insieme di disturbi intestinali aventi il colon per protagonista. Si tratta di una condizione cronica e, come tale, può durare anni e richiedere un lungo trattamento. A differenza di altre patologie infiammatorie intestinali, come ad esempio la colite ulcerosa o il morbo di Crohn, la sindrome del colon irritabile non provoca alcun cambiamento dell'anatomia dell'organo e non favorisce la comparsa del tumore del colon o del cancro del colon-retto.

Non si conoscono ancora con precisione le cause della colite spastica, tuttavia sono state formulate in merito numerose teorie. Una delle più accreditate ritiene che il disturbo sia l'esito di una comunicazione anomala tra encefalo, fibre nervose innervanti l'intestino e muscoli intestinali. Da varie indagini cliniche è emerso che la sintomatologia compare al verificarsi di determinate circostanze, definite in ambito medico 'grilletti'. Tra questi sono inclusi: assunzione di cibi particolari (tè, spezie, caffè, cioccolata, cavolo, piselli, broccoli, latte, sostanze alcoliche, bevande zuccherate, cibi grassi, frutta), stress eccessivo, alterazioni ormonali, malattie infettive del tratto gastrointestinale. Fattori di rischio che favoriscono la comparsa del colon irritabile sono: sindrome da proliferazione batterica intestinale, movimenti intestinali anormali, iperalgesia viscerale, gastroenterite batterica o virale, squilibri ormonali o dei neurotrasmettitori.

I sintomi della sindrome del colon irritabile hanno un andamento ciclico. La condizione intervalla periodi in cui essi sono esacerbati, ad altri in cui le manifestazioni sono quasi del tutto assenti. I segni clinici variano da paziente a paziente, tipicamente includono: dolori e crampi addominali che si attenuano con la defecazione, sensazione di gonfiore allo stomaco, alternanza di diarrea e stitichezza, meteorismo. Ancora presenza di muco nelle feci, urgenza di evacuare dopo i pasti e sensazione di svuotamento intestinale incompleto dopo la defecazione. Sintomi meno comuni comprendono: indigestione, letargia, feci dalla consistenza insolita, mal di schiena, dispareunia, difficoltà a dormire, mal di testa e problematiche di tipo urinario.

Come riporta Ansa.it la pandemia di Coronavirus ha inferto un duro colpo a chi soffre della sindrome del colon irritabile, compresi i soggetti che non hanno contratto l'infezione. Da un lato l'emergenza ha innalzato il livello di stress, dall'altro il Covid ha avuto degli effetti sulla mucosa intestinale. Sara Diani, medico esperto di medicina integrata e Network Medicine, spiega che l'intestino continua a eliminare il virus per 10-12 settimane dopo la guarigione dei sintomi. Inoltre, in virtù del ruolo che svolge nell'apparato immunitario, quest'organo è coinvolto nell'infezione da Sars-CoV-2 per la presenza dei recettori bersaglio del virus.

All'origine della sindrome del colon irritabile sviluppata in pazienti successivamente al Covid, il ruolo del MALT intestinale, ovvero il tessuto linfoide associato alla mucosa dell'intestino contenente cellule immunitarie che fungono da barriera nei confronti di cellule provenienti dall'esterno. La sua attivazione è in grado di scatenare una sintomatologia che, se diventa cronica, può portare alla colite spastica post-infettiva.

Quest'ultima, tuttavia, ha riguardato anche persone non positive al tampone. Circa il 30-35% degli individui ha, infatti, sviluppato problematiche intestinali a causa del lockdown e delle sue conseguenze: ansia, depressione, stress e disturbi del sonno.

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