Conosciamo tutti molto bene il significato della parola "dipendenza", ovvero quel meccanismo che crea una sorta di legame malsano o comunque dannoso, tra alcune sostanze e il nostro organismo. Parliamo degli stupefacenti, del tabacco o anche dell'alcol. Mentre però queste sostanze sono "manifeste", ovvero sappiamo bene che il loro abuso provocherà ad una sorta di schiavitù, ce ne sono alcune il cui potere di assuefazione viene sopravvalutato, e spesso anche ignorato. Uno dei casi più eclatanti è quello degli zuccheri.
Tutto questo ha anche un nome: “craving” (letteralmente in inglese brama, ndr) che definisce il desiderio incontrollabile di un determinato tipo di cibo, nella maggior parte dei casi zucchero, che non ha nulla a che vedere con la forza di volontà della persona. Questo è spesso il motivo che fa saltare tutti i nostri progetti di dimagrimento o di dieta sana. È importante chiarire che il craving, non ha però nulla a che vedere con i disturbi alimentari. Si tratta soltanto di una voglia irrefrenabile che scatta nel nostro cervello a cui è molto difficile non cedere. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Sara Farnetti, specialista in Medicina Interna, Ph.D. Fisiopatologia del Metabolismo e della Nutrizione, ed Esperta e teorica di Medicina e Nutrizione Funzionale.
Dottoressa come funziona lo sugar craving nel nostro organismo?
"Si tratta di una vera e propria dipendenza. Dal punto di vista evolutivo siamo progettati per sopravvivere alle carestie, mentre ora viviamo in un periodo di abbondanza alimentare alla quale il nostro cervello e il nostro fisico non si sono ancora adattati. Lo zucchero è composto da molecole di glucosio, la sostanza preferita del nostro organismo, di cui si nutrono le cellule per estrarre l'energia necessaria per vivere. La buona notizia è che astenendoci possiamo liberarcene. Ne saremo molto gratificati e anche impressionati dalla potenza di questo meccanismo".
In quale modo gli zuccheri riescono a creare dipendenza?
"Non appena mangiamo cibi contenenti alte quantità di zucchero, soprattutto raffinato, aumenta esponenzialmente nel sangue il livello di glucosio. Per abbassarlo il nostro corpo produce più insulina, ma nel momento in cui viene ristabilita, ci viene voglia di ingerirne ancora. È un circolo vizioso che diventa una vera e propria dipendenza che non viene riconosciuta come tale. Come già detto, il nostro organismo primitivo è progettato per sopravvivere alle carestie: la miglior strategia per farlo, è consumare alimenti ad alto contenuto calorico che possano trasformarsi in grasso ed essere accumulati in vista dei "periodi di magra". Questo è il motivo per cui molti prodotti industriali sono appositamente addizionati di zuccheri per dirottare "fisiologicamente" la scelta del consumatore. Praticamente l'esatto opposto di quello che vogliamo fare con una dieta".
Quale tipo di problematica comporta per la nostra salute la dipendenza dagli zuccheri?
"Prima di tutto l'infiammazione e l'alterazione della longevità sana. Lo zucchero attraverso la produzione dell'insulina aumenta il desiderio di zucchero, fa depositare massa grassa, sottocutanea e addominale, crea ritenzione e innesca comportamenti di agitazione. Nei bambini può causare aumento di alcuni ormoni dello stress acuto come l'adrenalina, ed essere causa di iperattività, ansia, difficoltà di concentrazione e irritabilità. L'eccessivo consumo è correlato inoltre ad una serie di patologie quali: infertilità, policistosi ovarica, acne, astenia, aumento dell'acido urico. Inoltre obesità, aumento del colesterolo e dei trigliceridi, della circonferenza addominale con steatosi epatica (ovvero "fegato grasso per causa non alcolica", e consiste nell'accumulo eccessivo di grasso all'interno delle cellule del fegato, ndr), aumento della glicemia. Tutti criteri questi della sindrome metabolica, che è correlata con i "big killers" ovvero le malattie cardiache, il cancro, il diabete e le malattie neurodegenerative. Anche l'invecchiamento è una patologia infiammatoria, lo zucchero con aumento dell'insulina, prodotta per consentire l'utilizzo dello stesso da parte delle cellule, causa infiammazione e riduce il potenziale di longevità accellerando l'invecchiamento cellulare".
Gli zuccheri sono tutti uguali?
"Ne esistono di semplici e complessi. Tra i semplici il miele, il fruttosio, il saccarosio, il destrosio, e poi la frutta, e perfino nella verdura. Quelli complessi sono invece contenuti nella pasta, il riso, le patate, i cereali, i legumi. La differenza tra i due tipi sta nella velocità con cui vengono assorbiti, ed innalzano la glicemia. Esistono anche edulcoranti artificiali come l'aspartame, la saccarina e il sucralosio. Inoltre, anche dolcificanti naturali come la stevia, l'eritritolo e lo xylitolo che simulano il sapore dolce dello zucchero senza però apportarne le calorie. Tuttavia il desiderio che ci spinge ad usarli è parte della dipendenza. Inoltre, quelli artificiali, non hanno un buon effetto sulla salute".
Esistono quelli nascosti di cui non ci rendiamo conto?
"È impossibile evitare lo zucchero semplice se mangiamo cibi processati, perché è aggiunto praticamente ovunque. Salumi, latticini, salse, succhi di frutta, nelle bevande sportive e perfino nelle formulazioni di latte per neonati. Anche la frutta, benché più sana, contiene zuccheri semplici, fruttosio e glucosio di cui non può essere trascurato l'apporto quotidiano, per chi ne fa uso".
Quanto dovrebbe essere l'apporto di zuccheri giornaliero e da che fonti?
"Da un consumo medio, pro-capite, di circa 18 chili di zucchero all'anno nel 1800, siamo arrivati oggi a 90 kg in Italia e a 180 kg negli Usa. I bambini non devono assumere zuccheri semplici, si arriva al 5% delle calorie giornaliere dopo i 2 anni. Negli adulti non deve superare le 100/150 kcal giornaliere. Per fare un esempio, un gelato contiene dai 18 ai 21 gr. di zucchero per 100 grammi, ampiamente sopra la dose giornaliera raccomandata. Per fare questo calcolo dobbiamo imparare a leggere bene le etichette, per farci un'idea di quanto zucchero ci sia per porzione. Anche i carboidrati complessi hanno hanno un effetto simile sulla liberazione dell'insulina, tuttavia cambia la velocità di assorbimento in base alla preparazione e alla cottura degli alimenti, oltre ovviamente alla quantità consumata".
Come si esce dalla dipendenza?
"Ci vuole un un pò di buona volontà, ma soprattutto una strategia funzionale. Il tema non è la dieta ma capire cosa accade al nostro sistema quando inneschiamo il circolo vizioso della dipendenza da zuccheri. Cominciamo quindi a rivedere alcune cose. Meglio la frutta dei biscotti, meglio la pasta delle zollette di zucchero, tuttavia una dieta con un apporto ridotto di carboidrati è sicuramente più salutare. Per prima cosa è importante fare pasti completi in cui siano presenti carboidrati, proteine, grassi e fibre che obbligano il nostro organismo a digerire lentamente estraendo gli zuccheri in maniera graduale. Questa cosa placherà gli attacchi di craving da zuccheri. Inoltre, dobbiamo cercare diminuire gradualmente la quantità di zuccheri che siamo abituati ad ingerire. Non possiamo passare da numerosi dolci al giorno a zero. Inevitabilmente avremo attacchi di craving. Diminuiamo in maniera graduale "ingannando" il nostro desiderio. Sostituiamo gli zuccheri con alimenti ricchi di triptofano, l'amminoacido da cui viene prodotta la serotonina, come legumi, semi oleosi (soprattutto arachidi, mandorle e pinoli), cereali integrali (farro, avena e miglio) e cioccolato. Il cacao è ricco in triptofano a patto che sia fondente e almeno all'80%. Non più di 30 gr. al giorno".
Spesso nelle diete tendiamo a sostituire zuccheri e carboidrati con le proteine. È una scelta corretta?
"A livello di peso funziona, ma non a livello di infiammazione, e nel tempo c'è il rischio di invecchiamento cellulare. Ricordo che anche le proteine fanno produrre insulina, il loro metabolismo non è pulito e in dosi massicce affaticano alcuni processi organici, acidificando l'organismo. In poche parole, un eccesso di proteine non funziona. È sempre necessario imparare a realizzare un progetto ormonale adeguato al nostro organismo, e farlo con il cibo è possibile. Non si realizza però con una dieta pensata per un sistema standard. La personalizzazione è essenziale e deve far parte di una diagnosi medica. Per dimagrire e stare bene si deve tener conto prima di tutto della persona che si sottopone alla terapia. La diagnosi da parte del medico è necessaria perché indirizza verso un progetto di prevenzione a lungo termine. È necessario fare indagini ematochimiche, genetiche, lipidomiche e una anamnesi familiare, nonché studiare lo stile di vita del paziente.
Capire il perché di certe appetenze, stabilire il peso della genetica, dell'umore, delle abitudini e stimare il rischio di malattie future è fondamentale per costruire un piano nutrizionale funzionale. Certo, si può anche scegliere di seguire una dieta alla moda, ma dobbiamo avere la giusta cognizione dei rischi che possiamo correre".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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