Salvate Napoli dalla vergogna

Ma non è un po' troppo quanto ha da sopportare il resto d'Italia dal meridione di Bassolino e Pecoraro Scanio? I treni nel caos per due giorni, perché dei prepotenti si rifiutano di pagare il biglietto come tutti gli altri; e le immondizie esportate nelle altre regioni, siccome là non si vogliono le discariche, mentre i fumi immondi dei roghi seguitano a oscurare il cielo. E intanto Bassolino che non si dimette, scoprendosi anzi pure padre di banchiere, e il ministro dell'Ambiente in frangetta, che bighellona e sparla dei casi campani come fosse nato in un Cantone svizzero. Neanche un manifesto della Lega Nord dei più arrabbiati poteva inventarsi una comunione di eventi così grottesca. E che soprattutto scava, lavora negli istinti profondi della nostra nazione. Poco importa se i giornali confindustriali di Torino e Milano evitano con cura di richiedere l'unico gesto che la dignità richiederebbe al presidente della Campania: le dimissioni. Per far dimettere Gustavo Selva è bastata un'ambulanza; mentre un facitore cosmico di caos decennali come Bassolino viene tutt'ora graziato per meriti prodisti. Con un'ipocrisia tanto più sciocca, pensando a quanto le ultime elezioni hanno separato ancor peggio in due l'Italia.
Il Settentrione è in secessione di sentimenti come non mai da Roma. Eppure quanti pretendono di incarnare, o per dovere di carica incarnano la superiore morale della nazione, fanno finta di niente. E dire che il presidente Napolitano neppure lui è uno della Valtellina. Dunque, proprio perché a Napoli ci è nato, dovrebbe capire, meglio di chiunque altro, quanto male si stia facendo alle persone per bene di quella città. Per il fatto che nessuno risponda degli ultimi eventi e venga chiamato a fare un passo avanti, a prendersi le sue responsabilità. Eppure chi regge il potere dovrebbe sapere quanto esso dipenda dai gesti dovuti, dal fatto che qualcuno alla fine si prenda le sue colpe. Perché altrimenti, se non accade, le colpe divengono generali. E anche la segretaria più mite della Brianza allora non ce la farà ad evitarsi di pensare che il male riguarda non solo pochi ma tutti i napoletani. E arrivasse davvero a pensarlo pure lei, l'Italia non ci sarebbe più.
In uno dei suoi ultimi film Mastroianni recitava la parte di uno di quei bonari e così sobri anziani borghesi di Napoli, come ce n'erano, e certo ancora ci sono. Costui vittima di uno scippo, o solo suo testimone, non ricordo bene, protesta, e subito con ansia avverte tutti gli altri intorno a lui. Dicendo: «Non sono di Napoli, loro non sono napoletani». Forse un gesto ingenuo; di un vecchio che si distingue come può da quegli inurbati che hanno rovinato tutto, persino la delinquenza. E però in questa ingenuità nel film c'era pure una qualche grande sapienza. Perché una città si regge sul suo riconoscersi. E né Bassolino né Pecoraro Scanio sono del resto di Napoli. Sono però delle campane autorità: presidente della Regione e ministro verde dell'Ambiente in chiacchiera perenne. E per l'Italia, e per il buon nome di Napoli e dei campani, quindi non si dovrebbe concedere loro di riparare solo a chiacchiere ai disastri, di cui sono parte.

Così sarebbe ovunque in quella Ue dove adesso addirittura siamo tutti esecrati come un pericolo per l'igiene. Ben dovrebbe sentirlo chi tiene a Napoli, e deve vegliare sull'unità di sentimenti della nazione, mai così compromessa.
Geminello Alvi

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