Milano - «L’Happy family del mio prossimo film (a marzo nelle sale) siamo tutti noi, alla ricerca di quella felicità che secondo la Costituzione di alcuni Paesi è un diritto: il film invita a guardarci dritto in faccia, ad avvicinarci un po’». Parola di Gabriele Salvatores, che ieri ha vestito i panni del professore di cinema allo Iulm, dove si è raccontato agli universitari e alle telecamere di Sky, che il 26 febbraio trasmetteranno la lezione del regista premio Oscar su Sky Cinema 1 e 1Hd. Prima di lui, sullo stesso palco erano saliti Carlo Verdone e Christian De Sica. Salvatores si racconta, in attesa dell’uscita del suo nuovo film, Happy Family, che ha per interpreti, tra gli altri, Fabio De Luigi, Margherita Buy, Diego Abatantuono e Fabrizio Bentivoglio. Film con cui è tornato a girare a Milano, sua città d’adozione: «Quella del film è la Milano che vorremmo, almeno esteticamente. È una città che ha sempre protetto le sue bellezze, tenendole chiuse dentro i palazzi, il mio augurio invece è di aprire le porte». Non dice molto di più sul film, se non che si tratta di «una commedia sofisticata e romantica, in cui i personaggi parlano direttamente al pubblico».
La lezione-intervista spazia attraverso i temi più cari al regista, accompagnata da interventi video degli attori diretti nei suoi 27 anni di carriera e 14 film, in cui Salvatores ha creato una famiglia lavorativa. Tra loro ci sono Fabrizio Bentivoglio, Claudio Bisio, Antonio Catania, Gigio Alberti. Con lui sul palco c’è, invece, l’«attore-feticcio», Diego Abatantuono. Al lavoro sotto la sua regia sin dagli anni ’70 e fino ai titoli che l’hanno portato al successo, da Marrakech Express a Mediterraneo, da Puerto Escondido a Nirvana a Io non ho paura. Non è solo un legame di lavoro, e si vede (al di là del fatto che i due hanno «in comune» anche una moglie, l’ex dell'attore). C’è di più, la famiglia del «cinema Salvatores» è fatta di riprese e sceneggiature, ma anche di vita vera e di amicizia. Ripercorrendo la carriera del regista si parte da Marcellino Pane e Vino, il film visto a ripetizione nell’infanzia milanese, dalla musica («figlio di un avvocato e destinato a seguirne le orme, mi hanno salvato il rock e il cinema», ride), dal teatro e dalle prime regie.
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