Sanremo, il Tar boccia l'affidamento Rai

I giudici amministrativi "salvano" l'edizione 2025, poi servirà una gara pubblica

Sanremo, il Tar boccia l'affidamento Rai
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Una frana, si capirà quanto grande, sulla lunga, e a volte tortuosa, strada che ha sempre collegato la Rai al teatro Ariston di Sanremo. Il Tar per la Liguria ha dichiarato illegittimo l'affidamento «diretto» alla Rai, da parte del Comune di Sanremo, dell'organizzazione del Festival della canzone italiana. Niente di irreparabile, al momento, per Viale Mazzini. I giudici hanno escluso dal provvedimento lo svolgimento dell'edizione del 2025, che, pertanto, avrà luogo come preventivato. Secondo il Tar: «Risulterebbe evidentemente sproporzionato e irragionevole incidere sull'edizione del Festival già svolta e sull'edizione che si svolgerà tra pochi mesi». A partire da quella 2026, invece, il Comune di Sanremo, secondo il Tar, dovrà procedere con una gara pubblica, aperta agli operatori del settore. La decisione è dettagliata nelle 58 pagine di una sentenza, molto articolata, che riguarda la definizione di «Marchio» (quello del Festival) e che lo differenzia dal «format» in sé.

La sentenza arriva in seguito alla lunga battaglia sul tema di Sergio Cerruti, già presidente dell'Associazione fonografici italiani (Afi). Che commenta: «Oggi possiamo dire che Davide ha abbattuto Golia». Cerruti è anche managing director dell'etichetta Je, la società che ha presentato il ricorso contro Comune di Sanremo e Rai riguardo alla concessione d'uso esclusivo del Marchio «Festival della Canzone Italiana». La scelta di differire dei giudici riguarda proprio la Je: avrebbe un «evanescente interesse al travolgimento delle stesse Convenzioni. Ciò in quanto la ricorrente non ha fornito alcuna indicazione in ordine alla prospettata aggregazione con altri soggetti che sola consentirebbe alla stessa (eventualmente) di aggiudicarsi la gara per la concessione del Marchio e di organizzare il Festival». Questo ha contribuito a mantenere l'edizione 2025 nei termini preventivati. La Rai sosteneva per parte sua che «l'inscindibile legame esistente tra il Marchio e il format di Rai impedirebbe al Comune di concedere l'uso in esclusiva del Marchio a soggetti che abbiano elaborato un format alternativo a quello di Rai. Non potrebbe, quindi, avere luogo una procedura di evidenza pubblica per l'individuazione di un operatore cui concedere l'uso in esclusiva del Marchio, perché detto operatore non potrebbe che essere la stessa Rai». I giudici su questo punto importante si sono però smarcati: «Il marchio, per definizione, è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi dell'impresa, ossia è un segno che identifica un prodotto o un servizio al fine di differenziarlo da altri prodotti o servizi (simili) offerti dai concorrenti. Identificare, come propone Rai, il Marchio con il mero titolo di un format di cui, per tutte le componenti diverse dal titolo, sarebbe titolare Rai è fuorviante». Il Comune, in conclusione, è «titolare del marchio ed è, pertanto, libero di associarlo (previa procedura di evidenza pubblica) a format diversi da quelli di Rai».

Questo contesto del tutto nuovo, per il 2026, resta difficilmente interpretabile. Da ieri nei possibili scenari c'è chi si è messo ad immaginare mosse di Mediaset rispetto al Festival. C'è anche il Nove che ha dimostrato di essere un canale con un robusto budget... Ovviamente la posizione della Rai sulla questione resta granitica: «Il Tar Liguria ha giudicato irregolari soltanto le delibere con le quali il comune di Sanremo ha concesso in uso esclusivo a Rai il marchio Festival della Canzone Italiana, nonché alcuni servizi ancillari erogati in occasione dell'organizzazione del Festival stesso. Dunque, nessun rischio che la manifestazione nella sua veste attuale, possa essere organizzata da terzi». Fonti interne all'azienda danno per probabile un ricorso al Consiglio di Stato.

Del resto la questione ha rapidamente assunto spessore politico, con la richiesta del Pd che l'Ad Rossi si presenti in commissione di vigilanza. Quanto al comune di Sanremo, il sindaco Alessandro Mager è prudente: «È una sentenza inaspettata, e complessa... L'approfondiremo».

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