A Santo Stefano del Cacco la tenda blu della vergogna

Selciato sconnesso, lavori mal finiti, sporcizia, gente che bivacca e si cuoce la pasta a cielo aprto, parcheggio selvaggio dei motorini. È questo l’incredibile spettacolo che si gode - si fa per dire - ogni giorno in via del Gesù e nella zona centralissima adiacente a piazza Venezia fra piazza del Collegio Romano, il Pantheon e Corso Vittorio. Ma l’apice del degrado si raggiunge in via Santo Stefano del Cacco.
Faceva molto caldo domenica pomeriggio. La piccola tenda canadese di colore blu si vedeva appena fra un’automobile e l’altra, un uomo riposava disteso su un fianco, la testa rivolta verso il muro, la carrozzella accanto. Solo chi era già a conoscenza della situazione poteva accorgersi di quella presenza nella strada. Una scena che si ripete puntualmente tutti i giorni da almeno tre anni, e alla quale gli abitanti della zona sono abituati. La strada come casa in estate e in inverno come luogo in cui vivere, lavarsi, mangiare, dormire e fare ogni altra cosa. E non una strada qualsiasi della periferia, cosa in sé già gravissima, ma uno spazio al centro della città, un angolo appartato, silenzioso e ricco di memorie nel cuore di Roma. Una piccola strada con palazzetti sei-settecenteschi, l’uscita degli automezzi del primo commissariato Trevi Campo Marzio, il glorioso Teatro Arlecchino di Aldo Fabrizi - ora Teatro Flaiano - e la fontana addossata all’imponente facciata posteriore di palazzo Altieri. Il sontuoso palazzo con ingresso principale su piazza del Gesù, voluto nel Seicento da papa Clemente X, dove ha abitato la Magnani, oggi sede dell’Abi e di alcune banche. Vicinissimi palazzo Grazioli, residenza privata del Presidente del Consiglio, davanti al quale stazionano le gazzelle dei Carabinieri, e Palazzo Venezia. Ebbene la tenda blu con il suo inquilino si trova proprio addossata alla facciata d’angolo di palazzo Altieri, ornata - si fa per dire - da scritte sul muro di vari colori inneggianti non si sa bene a chi, simili a quelle che incorniciano miserevolmente il bel sarcofago fatto apporre sulla facciata «ad uso di pubblica fontana» dagli Altieri nel 1874, che avrebbe bisogno urgente di un intervento di ripulitura.
C’è da chiedersi come sia possibile che per anni nessuno, vigili urbani, servizi sociali, organi di polizia, volontari, Caritas siano riusciti risolvere il problema di una persona che ha difficoltà oggettive e bisogno di aiuto. Gli abitanti, che hanno segnalato la cosa più volte e che intendono presentare un esposto al Comune, riferiscono che il sostegno all’uomo non manca, che lo assistono i ragazzi della Comunità di Sant’Egidio. I quali gli avrebbero anche proposto un trasferimento al coperto, ricevendo però un deciso rifiuto. Meglio la tenda blu, meglio uno scenario unico al mondo come quinta per le quotidiane abluzioni e le altre necessità che noi siamo abituati a svolgere nel chiuso di quattro mura. E poiché non si può obbligare, non si può fare niente e quindi quell’uomo rimane lì. Possibile?
Se questo è vero si preparano tempi duri per la città. Dio non voglia che l’idea di vivere all’aperto con tenda, magari montata al centro di piazza Colonna o di piazza del Quirinale, non venga ad altri.

O forse il paradosso della tenda blu di palazzo Altieri tocca un nervo scoperto della nostra società e ci costringe a interrogarci sulle nostre responsabilità e sul problema grandissimo rappresentato da coloro che vivono per le strade di Roma e dormono sotto i cartoni nella stessa piazza Venezia. Un problema da affrontare con coraggio, senza ipocrisia e con strumenti più efficaci di quelli impiegati fin qui. E che richiederà molto impegno ed energie anche da parte del Comune.

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