Santoro, ecco l'ultima bugia sul Giornale: "Poveretti? Io non ho mai usato quella parola"

Il conduttore dopo la sfuriata  e l'ironia su di noi e sui nostri lettori tenta un'imbarazzante retromarcia ma è smentito dalle registrazioni. Tutti gli insulti in prima serata. Mercoledì si riunisce il Cda Rai

Santoro, ecco l'ultima bugia sul Giornale: 
"Poveretti? Io non ho mai usato quella parola"

«Ma io quel poveretti non l’ho detto...», butta lì, poco convinto, Michele Santoro. Non l’hai detto, Michele? A me pare proprio di sì. Vuol dire che l’avrò sognato... Riascolterò la registrazione. «Ma guarda che c’è anche sul nostro sito... si fa presto...». Sì, comunque ho registrato tutta la trasmissione, non preoccuparti... Il giorno dopo la finta puntata di riparazione («di rivendicazione», secondo Aldo Grasso), nella redazione di Annozero i telefoni squillano che è un piacere, musica per le orecchie del conduttore più fazioso dell’etere.

Da pochi minuti l’Auditel ha diramato il suo giudizio universale quotidiano. Ed è musica anche questa. Pure lui, al cellulare, ha la voce squillante. Insomma, è di buonumore, quasi allegro. Sarebbe il momento buono per concedere l’intervista al Giornale su tutta la faccenda degli attacchi alla Protezione civile, delle vignette di Vauro, delle speculazioni sulla tragedia del terremoto... Invece no, preferisce Santoro, meglio aspettare dopo mercoledì, quando il Cda della Rai si sarà pronunciato su tutta questa grana...

Per ora, dunque, Vauro a parte, è vittoria piena. Lo si capisce anche dalle risposte che diffonde attraverso il sito. Se, per esempio, Paolo Bonaiuti, sottosegretario a Palazzo Chigi, gli ricorda la rana della favola di Fedro che, a forza di gonfiarsi per somigliare al bue, finì per scoppiare, lui liquida la pratica con un lapidario «l’importante è che scoppio da solo». C’è solo quel piccolo neo tutt’altro che piccolo: aver trattato i lettori del Giornale come dei poveretti, gente a cui spiegare le cose con un po’ di paternalismo perché, di loro, non le afferrano bene. Non era mai successo che un programma del servizio pubblico, pagato con i soldi dei cittadini, dedicasse un editoriale ai lettori di una singola testata, anche loro contribuenti utili per lo stipendio del medesimo Santoro.

Per il consumato surfista di polemiche, per l’equilibrista («sempre più squilibrato») che procede spedito sul ciglio del richiamo aziendale e della querela permanenti, per il cavaliere della provocazione sistematica camuffata da satira, non è una scivolata da poco. Quel poveretti di compassione è un eccesso, uno svarione, un malinteso. Santoro prova a ammorbidirlo: «Il mio non era un editoriale cattivo, ma ironico, quasi affettuoso... L’ho detto simpaticamente...». Sarà.

Intanto i titoloni dei giornali, le dichiarazioni di accusa e difesa, i polveroni politico-mediatici soddisfano l’ego ipertrofico del capopopolo di Annozero che, alla fine, dà l’impressione di divertirsi parecchio. «Piuttosto - s’informa - facendo questa campagna contro di me, il Giornale vende di più?». E tu, Michele, con la finta puntata riparatrice come sei andato? «Beh, ho fatto 5 milioni di telespettatori... Ho vinto la serata, con il 21 per cento...». È un record, se non sbaglio? «Record, record...

Sì, forse di questa stagione... L’anno scorso mi pare che avevo fatto di più con la puntata sulla pedofilia e monsignor Fisichella in studio... Anche quella fu una puntata di svolta...». E la svolta di questa, invece, dove porta?

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