Tra Sarkozy e il Cavaliere

Roma «Sarebbe drammatico ed irresponsabile abbandonare il pacchetto energia-clima col pretesto della crisi finanziaria! E mancare l’appuntamento di dicembre sarebbe per l’Europa un errore storico!». Nicolas Sarkozy coglie l’occasione di un appuntamento con l’europarlamento a Strasburgo per alzare il tiro. Nessun cedimento alle pretese di Italia, Polonia ed ex Est europeo. Anzi: ci mette un carico da 90 il presidente francese chiarendo di non avere alcuna intenzione di scippare la decisione agli europarlamentari, come pure si era paventato. «Il pacchetto - annuncia - sarà adottato in codecisione». Il che significa però che a Bruxelles, a metà dicembre, si deciderà a maggioranza e, dunque, i possibili veti non ci potranno essere.
Sembra un aggravarsi del braccio di ferro, specie con l’Italia, visto che da Napoli, Silvio Berlusconi replica per le rime, sostenendo che l’ipotesi messa a punto è «assolutamente irragionevole», che non si capisce perché l’Italia da sola debba pagare il 18% dell’abbattimento del Co2 e che solo una trattativa che porti «tutti i cittadini europei a pagare lo stesso prezzo» potrebbe forse convincerlo a fare ingresso nella compagnia dei don Chisciotte che si illudono di raffreddare il clima nonostante «i rifiuti scontati di Russia, Cina, Africa e Usa». Ma le cose non stanno in effetti così. Perché uno spiraglio Sarkozy - nonostante i toni gravi e le molte concessioni ad un Europarlamento che lo voleva in quella veste - uno spiraglio l’ha lasciato. «La Ue - ha detto dopo aver spinto a lungo sulla necessità dell’intervento per “evitare la catastrofe” - deve mostrare flessibilità per trovare un accordo sugli obiettivi».
Flessibilità. Proprio quello che si aspettavano a Roma. Dove intanto Stefania Prestigiacomo andava ulteriormente precisando la posizione del nostro governo. «Non abbiamo intenzione di fare passi indietro sul cambiamento climatico, ma non possiamo accettare un pacchetto chiuso, deciso senza un reale confronto» faceva sapere tramite nota diramata dal suo ministero. «Riflessione, tempo e accordo equo» le faceva eco il ministro per le politiche comunitarie Ronchi. E Barroso, anche lui a Strasburgo, dettosi d’accordissimo con Sarkozy sulla necessità del varo del pacchetto a dicembre, e cioè nei termini già stabiliti, faceva trapelare anche lui l’apertura del confronto: «Lavoreremo senza sosta - diceva il presidente della commissione - per trovare una soluzione di equilibrio».
Del resto non è solo l’Italia a storcere il naso. Di ieri l’annuncio dopo un incontro tra i premier romeno Tariceanu e ungherese Gyurcsany che i loro Paesi, assieme a Polonia, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Estonia, Bulgaria) faranno pervenire una «proposta congiunta» di revisione al pacchetto energia-ambiente. Anche la Germania chiede l’esenzione di alcuni settori industriali dalle penalizzazioni economiche per produzione di anidride carbonica. Ma in prima fila resta l’Italia il cui premier è uscito decisamente allo scoperto.
E a questo punto diviene decisivo il «tavolo tecnico» che lunedì sera si è deciso di adottare a Lussemburgo al termine del summit dei ministri dell’ecologia, affiancati per l’occasione da Stavros Dimas. In prima battuta, come ha annunciato Barbara Helfferich, portavoce del commissario greco all’ambiente, si compirà la famosa verifica dei numeri. «Le autorità italiane hanno presentato cifre in aggiunta al costo del pacchetto che a noi non risultano. Crediamo siano esagerate e non corrispondenti alla realtà». Il contenzioso è ormai noto: Roma ritiene che per essere in regola col dettato della direttiva dovrebbe spendere tra i 18 e i 25 miliardi di euro l’anno nel decennio 2011-2020. Bruxelles ribatte che la spesa potrebbe essere contenuta tra gli 8 e i 10 miliardi.

E che tra l’altro ci potrebbero essere ritorni economici dallo sviluppo delle energie alternative, comprensivi di una riduzione delle importazioni petrolifere. Ad «esperti» italiani e della Ue, il compito di sciogliere la matassa, a cominciare dalla prossima settimana.

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